05 balagan Frank London Enrico Fink
Frank London e Enrico Fink (Foto Sergio Servi)

Se un potere ha la musica è quello di unire i popoli, senza bisogno di parole. Questa affermazione di per sé sterile assume significato se si partecipa ad una serata come quella scorsa proposta dalla Comunità ebraica di Firenze, all’interno della sua rassegna estiva Balagan Café, inserita nel programma dell’Estate fiorentina. Nel giardino davanti alla ottocentesca Sinagoga, la tromba del newyorkese Frank London si è incrociata con le sonorità non solo ebraiche evocate dall’Orchestra multietnica di Arezzo, ensemble di una trentina di musicisti provenienti dai paesi più diversi, Albania, Libano, Tunisia, Argentina, Colombia, Bangladesh, Romania, Russia, e dalle più svariate regioni italiane, con un repertorio di musiche che vanno dal Nord Africa al Medio Oriente, i Balcani, l’Est Europeo, fino al nostro Paese. A fare da maestro concertatore, il padrone di casa Enrico Fink, anima del Balagan Cafè e istrionico direttore dell’Orchestra. Come da formula collaudata da tre anni, il concerto è stato preceduto da una degustazione di piatti di tradizione kosher, in questo caso un ottimo cous cous alla livornese.

03 balaganNe è risultata una serata straordinaria per il pubblico fiorentino, oltre mille persone, che aveva affollato i giardini già dal tardo pomeriggio e che ha finito per ballare e battere il tempo ad ogni pezzo suonato. Canzoni in albanese si susseguivano a brani provenienti direttamente dalla tradizione ebraica e klezmer in particolare, la musica tradizionale degli ebrei d’Est Europa. Ma anche sonorità mediorientali, libanesi, russe hanno arricchito una concerto che ha confermato, qualora ce ne fosse bisogno, che la musica non bussa ai confini, non si ferma davanti alle persecuzioni dei tiranni e riaffiora appena i regimi scompaiono.

01 Sinagoga notteCome ha testimoniato lo stesso London, protagonista nel pomeriggio di un incontro per raccontare la sua esperienza con i “Klezmatics”, gruppo cult anni ‘80 che dall’America, dopo la caduta del muro di Berlino, riportò nei paesi dell’est le antiche canzoni ebraiche ormai sepolte nella memoria degli anziani e quasi dimenticate. Rtmi e melodie erano rimasti vivi, e riadattati in chiave free jazz, negli Stati Uniti grazie agli immigrati e, quindi, al suo gruppo toccò il compito, tra i primi, di riannodare nuovamente i fili della tradizione, che il sistema sovietico aveva tentato di recidere. Se un potere ha la musica è quello di aiutare chi combatte le tirannie e dare parole ai popoli. Ieri la parola che maggiormente ha risuonato nel giardino mediorientale della sinagoga e dal cuore di Firenze è salita verso la bluemoon di queste calde notti d’estate era Pace.

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