IMG_00002950Ho aspettato volutamente qualche giorno a scrivere di Expo 2015. In queste ore un grande chiacchiericcio ha affollato le bocche di molti, spesso a sproposito, in molti casi con un provincialismo di una superficialità oserei dire addirittura imbarazzante. E’ si che approcciare l’Esposizione Universale come si approccerebbe il Salone del Gusto o il Vinitaly vuol dire non aver saputo cogliere la portata dell’evento. E la colpa non è né del Governo, né del team di Expo Milano 2015 che, soprattutto nell’ultimo anno e mezzo, hanno compiuto un vero e proprio miracolo. La superficialità, signori, è tutta di un approccio fin troppo scontato di cui alcuni soloni di casa Italia, combattuti tra il senso di invidia e “il vorrei ma non posso”, si sono trovati inevitabilmente a dover fare i conti. Per una volta, forse la prima, l’Italia è al centro del Pianeta. E non lo è solo per aver portato a termine un’impresa partita in modo inqualificabile. Lo è per aver saputo dare forma a dei contenuti. La biodiversità ed il miglioramento genetico, sostenibilità e produttività, sviluppo e identità locale, alimentazione e scarti alimentari. Ma anche cultura progettuale e responsabilità sociale fino ai cambiamenti climatici e i territori di produzione. Come si fa a dare un giudizio serio, distaccato di merito se non si è avuta la forza di saper cogliere che questi sono e saranno i veri temi al centro di Expo. Nutrire il Pianeta è un obbligo morale ancor prima che una priorità politica a cui la Comunità internazionale deve puntare senza esitazioni. E per accorgersene non serve partecipare a noiosi convegni o incontri snervanti. Entrando sul Decumano lo si capisce già dalle architetture dei Padiglioni dei Paesi partecipanti che i temi sono centrali. “L’Argentina ti nutre” è il messaggio centrale che ha guidato la progettazione del Padiglione che il team tecnico del Governo della Repubblica Argentina ha impostato sui silos ovvero su una serie di cilindri di diametro variabile come oggetti di accumulo e preservazione degli alimenti; oppure la Gran Bretagna che si è presentata con un alveare illuminato da mille luci per mettere in risalto il ruolo cruciale dell’impollinazione e l’importanza di proteggere le api. Del resto basterebbe entrare in Israele per sapere che l’impianto di irrigazione a goccia è una loro invenzione, così come il pomodoro ciliegino o di Pachino. Tanto basterebbe a dimostrare gran parte della superficialità con cui spesso ci muoviamo nel dare giudizi. Che dire dell’Azerbaijan. All’ingresso il visitatore si trova come al centro di una bussola, che rappresenta la centralità del Paese con immagini che rimandano al patrimonio culturale del Paese.
All’interno della sfera i visitatori camminano su un piano di cristallo sospeso, un’installazione di luce dedicata alla geomorfologia del paese. In alto una scultura dinamica luminosa è dedicata all’aspirazione del Paese e ne ricalca la forma dei confini che disegnano un’aquila in volo da occidente verso oriente. La seconda sfera rappresenta la biodiversità e si proietta verso il decumano. La terza sfera incastonata tra il secondo e il terzo piano dell’edificio rappresenta un albero capovolto. Metafora della relazione tra innovazione e tradizione. Nemmeno a dirlo, il design è completamente Made in Italy. Milano è il centro del mondo e l’Expo una grande opportunità che è partita con i migliori auspici. Ai detrattori ideologicamente schierati e ai contro a tutti i costi, un consiglio: andate a Milano, mettete da parte per un attimo le vostre convinzioni e forse darete nel vostro piccolo un contributo a quello che rimane il vero problema, come continuare a nutrire il Pianeta tra trenta anni.

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