Marcello Clarich, presidente della Fondaizone Mps

clarich2Potremmo definirli i precari della poltrona (ovviamente del Monte), i consiglieri nominati dalla Fondazione nel Cda della banca. Ma mentre ai precari veri, quelli della scuola per esempio, tocca registrare il rinvio del Governo Renzi all’annunciato piano di centomila assunzioni per gente che – se assunzione sarà – si ritroverà stabilizzata a 40-50 anni ed oltre, ai precari della poltrona si prospetta un “rinforzino” di 40-50mila euro per “stabilizzarsi” fuori dalla banca. Storie dalla Fondazione Mps, poco belle: si ai soldi per incentivare le dimissioni dal Cda della banca; no invece alla trasparenza sugli atti di Mussari e Mancini. Mica male l’inizio del professor Clarich.

Prima storia: il Cda del Monte dei Paschi, a otto mesi dalla scadenza del mandato, non è più rappresentativo della governance della banca. Soprattutto perché la Fondazione Mps ha cambiato pelle ed ha stretto un patto con nuovi soci, Fintech Advisory e Btg Pactual, ai quali ha promesso due posti nel Cda della banca, tra i quattro – oltre a presidente e amministratore delegato che non sono in discussione – di propria nomina. In sostanza due tra Marco Turchi, Angelo Dringoli, Paola Demartini e Marina Rubini dovrebbero cortesemente lasciare la poltroncina a due nuovi consiglieri nominati dai pattisti. In un Paese normale, a fronte di questaesigenza di interesse generale, i quattro consiglieri avrebbero preso carta e penna e rimesso tutti il mandato, tanto per non far differenze e consentire un ricambio sereno e immediato. Succede, a dir la verità, anche in molti consigli di amministrazione. Come prassi. Ma a Siena no. Forse perché quelle nomine sono in buona parte frutto di accordi politici. Così la Fondazione è pronta addirittura a pagare il disturbo, a compensare i consiglieri che dovessero dimettersi consentendo i nuovi inserimenti, con una sorta di buonuscita pari all’entità dell’emolumento degli otto mesi di residuo mandato. Un esodo incentivato, insomma, che non riusciamo bene a capire perché debba eventualmente pagarlo la Fondazione e non la banca, visto che trattasi di Cda della banca. Ma probabilmente perché non siamo addentro alla materia.

Facciamo i conti: un consiglieredi amministrazione del Monte dei Paschi intasca mediamente 60mila euro all’anno. Visto che mancano 8 mesi alla fine dell’anno, ogniconsigliere di amministrazione riceverebbe, a fronte delle dimissioni,circa 40mila euro e, si dice, qualche spicciolo di mancia. La riconoscenza delle istituzioni senesi, chiamata in causa dal neo-presidente Clarich, è dunque anche stata monetizzata e messa per scritto in una lettera inviata ai precari della poltrona. Vil denaro in cambio di un passo indietro? Punti sull’orgoglio i quattro consiglieri potrebbero perfino sentirsi offesi e reagire sdegnati, all’unisono, rifiutando la prebenda e lasciando il campo. In questo caso a testa alta. Oppure potrebbero rimanere aggrappati alle poltrone, a rappresentare se stessi e poco più, con i pattisti fuori dall’uscio a digrignare i denti.

Seconda storia: il diniego di Clarich a rendere pubblici i documenti della Fondazione relativi agli anni di Mussari e Mancini, come chiedeva Eugenio Neri. Il futuro avrebbe tutto il diritto di guardare dentro un passato che ha prodotto sfascio e rovinato la città. Invece Clarich ha detto no alla glasnost, ha opposto considerazioni legali alla trasparenza, ha detto che ci penseranno i tribunali, e ha aggiunto anche due cose in più: che quei documenti non li guarderà neppure lui, e che semmai sarà roba per gli storici, da consultare fra venti anni. La prima uscita del professore farà forse contenti gli storici, un po’ meno i senesi contemporanei, chequalche curiosità c’è l’avrebbero. Tutti felici gli sponsor politici del professore? Ma certo, giovedì alla festa de l’Unità le prime file si spelleranno le mani per applaudire perché il professore ha detto no al Neri. E poi, perché si riparla di erogazioni. Troppo presto, troppo in fretta! C’è chi aspetta qualche milioncino per sistemare falle nel bilancio. Ecco, per la Fondazione di Clarich, quella sarà la cartina di tornasole: se i soldi dovessero finire a rimpinguare le casse di Comuni indebitati e i restauri delle chiesette di provincia, tutto tornerà come prima. O quasi.

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