I pugni più forti li hanno tirati, perché non poteva essere altrimenti, Santoro & Co. ma ai punti vince B.. È finita in gag, in un teatrino delle parti dove ognuno ha recitato sostanzialmente il suo copione. Un contesto dove il Cavaliere sguazza alla perfezione. Santoro arrabbiato, Berlusconi che alza i toni, Travaglio conclude con un editoriale dialetticamente superbo e Silvio risponde con una letterina, scritta da altri, ma letta comunque dal posto in cui interviene il vicedirettore del Fatto. È lì che Berlusconi ha vinto. Perché è salito sul trono, sul pulpito, per di più nello studio di una trasmissione di Santoro. Poco importava cosa diceva, nessuno stava ascoltando cosa leggeva, era al centro della scena, tutti gli altri negli angoli. Lui ancora dominatore e mattatore del mezzo televisivo. Ha vinto Berlusconi. Perché non si è mai parlato di politica – non facendo emergere quindi le assurdità dei suoi ultimi anni di impegno pubblico -, si è messa in caciara, è diventato cabaret. Ero tra quelli che aspettavano Servizio Pubblico come una sorta di resa dei conti, un’autentica singolar tenzone. Credo di essere tra i molti che ne sono rimasti delusi. È stato il B. Hill Show. Battute, risate, Berlusconi mascherina di se stesso e Santoro che suo malgrado si è prestato a questo gioco delle parti. Anche Travaglio, top player del team santoriano, è stato un fattore che ha permesso alla trasmissione di prestare il fianco alle risposte di Berlusconi, fino all’apice assoluto di avergli lasciato il centro della scena. Risposte, quelle di Berlusconi, politicamente senza significato e sostanzialmente incomprensibili. Poco importa: l’unica cosa che il Cavaliere ci ha insegnato negli ultimi 20 anni è che in tv bisogna fare casino, parlare, dire cose a vanvera, riempire il vuoto e i silenzi. Basta poco. Siamo un paese «ingovernabile», come ha detto, ci meritiamo una tv che non dica niente o che faccia del semplice rumore.
È stata un occasione sprecata. Un vero peccato. Peccato perché Luisella Costamagna e Giulia Innocenzi avevano fatto un gran lavoro. E non è un caso forse che gli sfondoni più grossi siano stati sparati da Berlusconi quando le due giovani giornaliste insistevano con domande incalzanti. Lì il Cavaliere ha vacillato e Santoro ha forse abbassato la guardia, lasciandosi andare a battute e luoghi comuni di troppo che il Caimano ha raccolto al volo come l’ultima ciambella di salvataggio per un naufrago in alto mare. Credo che se ne sia accorto anche Michele Santoro che infatti ha cambiato decisamente atteggiamento nella seconda parte della trasmissione, forse leggendo i primi commenti non propriamente entusiasti che arrivavano da Twitter.
Servizio Pubblico rappresentava l’occasione per inchiodarlo alle sue responsabilità, evidenti come la colossale figuraccia nell’ilare clip dell’arrivo da Angela Merkel con la cancelliera tedesca in attesa che il nostro ex premier concludesse la propria conversazione telefonica. A parer mio ci doveva essere dibattito più incalzante, non un botta e risposta cronometrato. Anche Marco Travaglio doveva rinunciare ai suoi editoriali per tornare a fare il cronista insieme a Costamagna e Innocenzi. Tutta la trasmissione avrebbe avuto un’altra efficacia e, forse, un differente risultato finale. Ma forse gli accordi “della vigilia” andavano nella direzione che abbiamo visto in diretta. Quando prepari una trasmissione simile, un faccia a faccia Santoro-Berlusconi, è necessario dover scendere a patti. L’illusione grossa, quella più autentica, sta proprio nel credere che un format tv possa ancora cambiare il mondo. Ha vinto Berlusconi, la televisione però ha perso molto della sua forza. La tv è tornata ad essere show business anche in politica – dopo che  forse Monti e i professori ci avevano un po’ riportato con i piedi per terra, lacrime della Fornero a parte -, è tornata ad essere illusione, spettacolo, teatro e finzione, dove ognuno ha un ruolo e recita una parte secondo quanto gli consente la sua maschera. La politica, i problemi, le cose (sottolineo) vere sono ben altra cosa. Venghino, signori, venghino che lo spettacolo non è ancora terminato.

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