La morte di Giacomo è una notizia che non avrei voluto leggere né scrivere. Di Iasio è stato un collega dalla grande professionalità e umanità, due doti che se vanno di pari passo e ti capita di incontrare ti accorgi di essere fortunato.

Erano gli ultimi anni Novanta, mi stavo decidendo di fare del giornalismo il mio mestiere e trovai in Giacomo un alleato che seppe aiutarmi a capire in profondità che fare questo lavoro comporta regole, deontologia e che per chi come me voleva farlo facendo uffici stampa comportava anche far convincere i colleghi delle redazioni che noi non eravamo inferiori ma semplicemente facevano un lavoro diverso, parte di un lavoro più complesso che inizia con gli uffici stampa e finisce sulle pagine dei giornali.

In questi anni ho sempre seguito il suo percorso professionale e umano, come quando organizzò a Siena un incontro con l’allora sottosegretario Vannino Chiti per discutere di quelli che sarebbero poi stati i principi inseriti nella legge 150 del 2000 e successivi regolamenti. Era la prima volta che lo Stato riconosceva il giornalismo degli uffici stampa. Si adoperò tanto per questa battaglia anche quando divenne presiedente del Gruppo uffici stampa toscano e, soprattutto, quando ebbe l’intuizione di far nascere un premio dedicato proprio ai giornalisti che lavorano negli uffici stampa. Era la prima volta che quel lavoro oscuro ma straordinariamente bello e affascinante otteneva un riconoscimento. Per l’amicizia che ci legava volle che alla prima edizione fossi uno dei componenti della Giuria.

Oggi Giacomo non c’è più. Il lavoro va avanti e adesso avrò un altro amico da ricordare ogni mattina che mi alzo e comincio a correre.

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