La notizia Un laboratorio sull’arte della ceramica invetriata rivolto a persone disabili. È il nuovo progetto speciale della sezione didattica del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, tra tecniche antiche e decorazioni.

Il commento dei ragazzi Franco: «Mi sembra una cosa bella. Non so quanto sia fattibile nella pratica. Lo dico anche per la mia esperienza di laboratorio al Centro L.I.N.A.R. Anche noi ne abbiamo fatti di laboratori e ne stiamo facendo anche adesso. E dobbiamo dire che quando c’è stato qualche maestro che ci ha insegnato mi sembra sia venuta fuori una cosa buona. I risultati si vedono e si son visti. Sarà bella da vedere le capacità di ognuno dei 15 ragazzi coinvolti, chiaramente. Però diciamo che con una guida si può riuscire a fare delle buone cose». Francesco: «Io la vedo una cosa davvero bella, divertente e vivace. Da vivere e fare con gioia. Come un’allegria, è una cosa positiva». Samanta: «Non deve essere solo allegria, deve essere anche lavoro. Deve essere un’attività che ti diverte ma deve far usare anche le mani. Io mi diverto quando facciamo i laboratori manuali e ne vorrei vedere anche uno vero, professionale sul serio. Mi renderei conto di altre cose». Franco: «Nel senso di altre tecniche». Lucia: «Il nostro lavoro al Centro è nato così e sta andando avanti ancora così. Non usavamo la ceramica, assemblavamo i pezzi di plastica. C’era quello che se la cavava meglio e chi non ce la faceva proprio. Trovammo la maniera di includerli, anche loro! Tutto questo per dire che la filosofia di questo laboratorio all’Opera del Duomo mi piace perché è inclusiva. Anche una persona in difficoltà, con l’occupazione adatta può riuscire a fare qualcosa, come chiunque altro. E così anche per questo laboratorio, anche se è artistico, penso valga lo stesso concetto». Samanta: «A me piacerebbe che venisse fatto un laboratorio artistico con tutte le persone insieme a lavorarci dentro. Disabili e non disabili». Lucia: «Ma perché non chiediamo di andare a visitarlo? E poi posso aggiungere una cosa? A noi queste cose gratificano tanto. Sono cose che ci fanno sentire davvero uguali agli altri, quantomeno nelle possibilità di lavoro». Franco: «Questa sì che è inclusione sociale, basterebbe organizzassi».  Samanta: «Sì, mi garberebbe anche a me andare a vedere questo laboratorio». Lucia: «E poi si potrebbe dire a quei ragazzi di venire qui, a trovare noi». Franco: «E poi magari invitiamoli al nostro Mercatino di Natale e al nostro laboratorio per confrontare i lavori».

In generale, come gruppo L.I.N.A.R., possiamo dire che l’esperienza di un laboratorio è sempre positiva. Un’esperienza da fare e da vivere, più in generale, è sempre positiva. Specialmente e a maggior ragione se si tratta di qualcosa di artistico, che ha dentro di sé la componente creativa, quella del divertimento, quella che porta a qualche tipo di inclusione, insomma. Noi vediamo ciò ogni giorno e lo abbiamo verificato negli anni, come persone che abitano la realtà di un Centro Diurno. Anche un’idea e un progetto come quello riportato nell’articolo che abbiamo scelto stavolta da commentare è da considerarsi come qualcosa di estremamente formativo. E di educativo, certamente. La nostra speranza è che si possa andare sempre di più nella direzione di dinamiche e di esperienze (appunto) inclusive, dove i disabili non si caratterizzino agli occhi degli altri soltanto come disabili, ma come soggetti in grado di dare e offrire opportunità di relazione. Più nello specifico possiamo dire che sarebbe bello che un laboratorio come questo (che, ripetiamo, è di per sé ottimo) possa venir realizzato per tutti, un giorno. Come dice Samanta: per disabili e per chi disabile non è. Per persone, insomma, finalmente da chiamarsi (tutte) diversamente abili. Ovunque.

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