Quando arriva il comunicato stampa che ti annuncia un evento – naturalmente definito di interesse turistico – per il giorno successivo, sorrido e mi rilasso: è la prova che in questa nostra benedetta Italia non cambia nulla. E non ho bisogno di darmi da fare per stare al passo con i tempi.

Quando una “stagione estiva” – che viene ovviamente presentata come di richiamo turistico – viene resa pubblica ben oltre il 21 giugno, so già quello che mi aspetta: vado a leggermi il programma e, puntualmente, vedo che di turistico non ha proprio nulla.

Ho cominciato a fare uffici stampa, quasi da pioniere, nel 1991 e quindi so di cosa parlo: l’eterno ritorno del sempre uguale. L’allergia alla comunicazione turistica da parte delle amministrazioni pubbliche è sempre la stessa di allora (salvo eccezioni che – è il caso di dirlo – fanno ancora oggi notizia) non è dovuta a chissà quali motivi strani o virus sconosciuti, ma dipende semplicemente dal fatto che vengono definiti “eventi” o “stagione estiva”, cose che hanno come unico pubblico di riferimento i residenti/elettori e dunque possono tranquillamente essere comunicati il giorno prima.

Insomma, non è che non le cose non si sappiano per tempo. Spesso, anzi, si tratta di appuntamenti o calendari che hanno richiesto mesi di lavoro e dunque era possibile farli conoscere – magari senza tutti i dettagli – con ampio e congruo anticipo. Ma semplicemente la cosa non interessava, anzi era vista come una spesa in più che si è voluto risparmiare, nella piena e mai ammessa consapevolezza che tanto non sarebbe comunque arrivata a nessun turista. E se proprio qualcuno ci dovesse aver inciampato nella notizia, non l’avrebbe trovata assolutamente attraente.

Ne ho tratto una conclusione di vita, spicciola ma utile: i comunicati che arrivano il giorno prima dell’inizio di un evento non parlano mai di cose interessati.

Cosa ben diversa sono i comunicati stampa di presentazione che mi arrivano invece a manifestazione già iniziata da uno o due giorni. Qui ci troviamo di fronte a veri e propri momenti di arte dadaista – di cui sono peraltro un ammiratore – e ogni altra considerazione deve giustamente fare un passo indietro.

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