Un muro si aggira per l’Europa: il muro dell’egoismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono coalizzate in una sacra caccia agli immigrati, ai poveri e a chi fugge da guerre e dittature: a parte il papa e lo zar (che non c’è più), Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi, insieme a tutti i loro discendenti, sembrano piuttosto d’accordo.

Parafrasi di Marx a parte, i segnali che ci arrivano in questi giorni dal Brennero sembrano piuttosto chiari e sconfortanti: ancora una volta abbiamo perduto l’occasione per dare valore all’Europa, o almeno a quella bella idea di Europa nata a Ventotene tanti anni fa.

Al là degli effetti reali che potranno scaturire dal progetto austriaco al confine del Brennero e prima ancora di vedere se l’Austria riuscirà davvero nel suo intento di contenere e ridurre l’ingresso di profughi, richiedenti asilo e rifugiati, i lavori iniziati lo scorso 11 aprile rappresentano un vero e proprio spartiacque: per la prima volta si tornano a costruire barriere.

Naturalmente queste nuove barriere non sono finalizzate a contenere la libera circolazione degli europei e non si vuole certo impedire agli italiani di passare tranquillamente il confine; si tratta comunque di barriere importanti perché segnano il confine della solidarietà.

L’Austria lamenta di ospitare già 56.000 rifugiati (6,6 ogni mille abitanti) e 88.000 richiedenti asilo (3,3 ogni mille abitanti) contro i 93.700 rifugiati in Italia (1,5 ogni mille abitanti) e 64.000 richiedenti asilo (1 ogni mille abitanti) (i dati sono riferiti al 31 dicembre 2014) ma dimentica due cose: la prima è che comunque l’Italia rappresenta in molti casi il punto di primo ingresso, con tutti i costi, le difficoltà organizzative, i rischi che ciò comporta. Si tratta di una questione su cui il nostro Paese non può fare molto perché dipende chiaramente dalla sua posizione geografica, come nel caso di Spagna e Grecia: o decidiamo di affondare i barconi in mezzo al mare (ma ho qualche remora di carattere morale, oltre che di legittimità costituzionale) o non possiamo che accogliere e cercare di dare dignità a persone che per motivi diversi sono state costrette a lasciare il loro paese per poi ridistribuire in Europa il futuro di queste persone. E’ evidente che alcuni paesi europei avranno l’onere della prima accoglienza e altri quello della seconda.

L’altra questione rimanda alla situazione di difficoltà economica vissuta dall’Italia: come noto la crisi ha colpito più duramente l’Italia, insieme a Spagna e Grecia, rispetto ad altri paesi europei. Se alla già sufficientemente grave situazione italiana dovessimo sommarci anche tutto il carico migratorio ne potrebbe davvero scaturire un problema di tenuta sociale interno: situazioni di povertà diffuse cui l’Europa non può pensare di sommare altre situazioni di povertà.

E’ giunto, quindi, il momento di vedere in cosa consiste questa Europa: una somma di paesi che cercano singolarmente di imporre i loro interessi, quasi sempre economici, oppure il tentativo di costruire qualcosa che è di più della somma delle singole parti?

In questo secondo caso non c’è spazio per nessun muro, nessun egoismo nazionale e nessun tentativo di risolvere in autonomia la questione dell’immigrazione che non si frena costruendo barriere ma intervenendo sulle cause. Ma questa è un’altra storia, che nessuno vuole sentire.

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