Nuovo capitolo nella vicenda della fusione tra Montepulciano e Torrita di Siena che rischia di essere determinante per il risultato finale. La Regione potrebbe rifiutare la “deroga Rossi-Grazi” il prossimo 3 luglio e nel frattempo volano accuse di “ritorsione” tra politici democratici. Ma andiamo con ordine.

Nei giorni scorsi il Comitato per il No, da due anni attivo e combattivo, è stato ascoltato dalla Commissione regionale per gli affari istituzionali convocata per trattare la richiesta di fusione Torrita – Montepulciano. Una richiesta, ricordiamo, formalmente avanzata lo scorso aprile dai Consigli comunali, con i sindaci Giacomo Grazi e Andrea Rossi in testa. Il comitato ha spiegato e motivato le ragioni del No alla fusione, con tanto di documenti e uno studio di non fattibilità, già presentato alla cittadinanza nei giorni scorsi.

Il colpo di scena dell’incontro è stata, però, la notizia di una lettera che il sindaco di Torrita Grazi aveva fatto recapitare ai componenti la commissione nella quale ribadiva che la neonata fusione sarebbe avvenuta «solamente se entrambe le comunità avessero raggiunto la maggioranza +1 dei voti favorevoli alla fusione». Una clausola (50%+1 in ciascun Comune) palesemente in contrasto con la legge regionale del 2016 (risoluzione n.39 del 6/4/2016) che parla del 66% (in pratica due terzi) di voti favorevoli in entrambi  i Comuni. Norma su cui da sempre vi è contrasto e che i due primi cittadini non potevano non conoscere.

Lo stesso Grazi lamenta poi la convocazione in Commissione del Comitato del No, lasciando intendere che adesso in Regione vi sarebbero «interessi e ritorsioni esclusivamente personalistiche  contro qualcuno». Nella lettera infatti viene chiamato in causa, seppure senza citarlo, il consigliere regionale Stefano Scaramelli, un tempo insieme nella corrente renziana e poi separati lo scorso autunno al congresso Pd. «Viene doveroso interrogarsi – scrive – se questi avvenimenti che non fanno fare bella figura né alla Regione né ai Comuni interessati non siano riferibili, forse, a strategie che nulla hanno a che vedere con l’interesse delle popolazioni locali e che abbiano referenti anche interni, magari un Consigliere regionale animato da interessi e ritorsioni esclusivamente personalistiche contro qualcuno… forse contro di me? E ciò ad eventuale discapito soprattutto della serietà del Vostro lavoro e della stessa istituzione regionale».

Parole dure e che lasciano intendere tutto lo scontro che, nonostante le continue sconfitte del Pd, non accennano a diminuire in quel partito su un tema, le fusioni, che francamente sembra ormai definitivamente superato dai fatti e dai continui No ad ogni referendum consultivo.

A questo punto la parola passa al Consiglio regionale che deciderà il prossimo 3 luglio la data e le modalità di svolgimento del referendum. Vedremo se l’assemblea deciderà di indirlo con la maggioranza prevista dalla legge o con la clausola “Grazi-Rossi”. Cosa accadrà a Torrita e Montepulciano se quest’ultima non venisse accettata? I due sindaci e i rispettivi consigli comunali tornerebbero indietro alle loro decisioni per sostenere le ragioni del No?

Intanto, il Comitato per il No non abbassa la guardia. «Siamo rimasti sbigottiti – scrivono su Facebook – quando ci è stato pubblicamente rivelato che, prima di noi, in sala consiliare, il sindaco di Montepulciano Andrea Rossi aveva asserito di aver organizzato la bellezza di 150 iniziative informative, affermazione che sarebbe stata poi confermata dal vice sindaco di Torrita [Sara Maccioni, ndr]. Adesso noi chiediamo pubblicamente al sindaco Rossi e agli amministratori torritesi di volercele gentilmente elencare, queste 150 iniziative, perché, nonostante tutti gli sforzi mnemonici che si possano fare, non arriviamo a più di dieci e tutte con esiti partecipativi a dir poco deludenti».

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