Oltre 50 quintali di carne di selvaggina cacciata, principalmente cinghiale e capriolo, sequestrata e ritirata dal mercato perché priva di tracciabilità, lavorata o conservata in stabilimenti senza i necessari requisiti sanitari. E’ il risultato dell’attività investigativa condotta dai Carabinieri Forestali di Montalcino (Siena) sulla filiera commerciale di valorizzazione delle carni di selvaggina cacciata. Dalle indagini, che hanno interessato in particolare le province di Siena, Pisa, Firenze e Grosseto e si sono svolte con il contributo di tre dipartimenti di prevenzione Asl, è emerso che la società che svolgeva l’attività di commercio all’ingrosso delle carni provenienti dall’attività venatoria svolta nell’Ambito Territoriale di Caccia 3 Siena Nord, ha «sistematicamente disatteso le principali norme sanitarie (costituite dal “Pacchetto Igiene”) e di rintracciabilità degli alimenti di origine animale, la lavorazione, il deposito, l’etichettatura e la messa in commercio sia allo stato fresco che conservato», spiega una nota dei Carabinieri Forestali.

Multe anche a cacciatori e ristoratori La carne sequestrata, per un valore all’ingrosso intorno a 50mila euro, non riportava «profili di rischio per la salute pubblica», specifica la nota. Contestate inoltre 44 sanzioni amministrative, per un importo di oltre 26mila euro, a carico di altrettanti soggetti: perlopiù cacciatori ma anche ristoranti e impianti di lavorazione carni che a vario titolo hanno contribuito ad alimentare la filiera illegale, per violazioni in materia faunistico venatoria e di rintracciabilità ed igiene degli alimenti.

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