Creare una filiera 100% italiana di bacche di Goji, antiossidante naturale per eccellenza, selezionando le piante in grado di dare i frutti più ricchi di sostanze antiossidanti. E’ il lavoro condotto dal Cnr con il suo Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree (Ivalsa) in collaborazione con l’Università di Siena, che stanno realizzando delle coltivazioni nella zona della Maremma grossetana.

«Coltivazioni dal grande potenziale» Perfettamente adattata al suolo e al clima italiano il Lycium barbarum, comunemente ‘Goji’, è un arbusto appartenente alla famiglia delle Solanaceae le cui bacche hanno un potenziale antiossidante tra i più elevati in natura, confermato dal test Orac (Oxygen Radical Absorbance Capacity) elaborato dal Ministero dell’Agricoltura degli Usa. Il prodotto che viene acquistato oggi proviene per lo più dalle zone originarie della pianta, ossia Tibet, Nepal e Cina, dove i residui fissati dalle autorità per la sicurezza alimentare spesso sono più alti di quelli europei, senza contare i conservanti utilizzati. «Ci stiamo concentrando su tre direttive – spiega all’Ansa il ricercatore del Cnr Claudio Cantini – per selezionare i migliori sistemi di coltivazione dal punto di vista agronomico ed economico ma anche di essiccazione e conservazione dei frutti, in modo da realizzare un sistema di tracciabilità in grado di garantire al consumatore sia la provenienza che la qualità del prodotto collocato in commercio». Cantini, in particolare, sta valutando i composti bioattivi delle bacche, come polifenoli, vitamina C e luteina, tutte sostanze in grado di neutralizzare i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento cellulare. «Il nostro obiettivo – conclude il ricercatore – è aprire una nuova strada agli agricoltori indicando loro il grande potenziale di queste coltivazioni, individuando le piante più adatte; i primi dati mostrano livelli di potere antiossidante e di polifenoli variabili tra le piante e nel corso dell’anno».

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