E’ partita da Volterra dove si sono dati appuntamento lo scorso sabato dodici marzo e negli ultimi giorni la “marcia dei cento” è approdata anche sulle pagine dei quotidiani nazionali. La voce dei Sindaci, contro la proposta di fusione dei Comuni sotto i 5mila abitanti, ha portato all’approvazione di un manifesto sottoscritto da tutti i primi cittadini in cui si propone «di aprire un processo unitario costituente per la salvaguardia delle autonomie comunali, nel rispetto del principio di uguaglianza di tutti i cittadini, delle identità territoriali e finalizzato a promuovere iniziative legislative per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli Comuni».

repubblicaL’appello Un appello che non è passato inosservato ed ha attirato l’interesse de La Repubblica. «L’Orgoglio dei borghi» l’ha ribattezzato l’articolo firmato da Laura Montanari evidenziando come «molti primi cittadini credono che la proposta (delle fusioni obbligatorie sotto i 5mila abitanti ndr) non tenga conto delle differenze del territorio». «Da nord a sud, da est a ovest fioccano le adesioni – scrive ancora il quotidiano nel raccontare l’happening volterrano – Foto ricordo con fascia tricolore davanti al palazzo comunale che è fra i più antichi d’Italia: Palazzo Pretorio, posa della prima pietra 1208. Anche le immagini di sfondo sono importanti in certe battaglie. E da Volterra è partita la battaglia per dire no alle fusioni obbligatorie per i Comuni sotto i 5mila abitanti. «Non una lotta di potere – ha aggiunto intervistato il Sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi – Queste comunità sono un patrimonio di tutti, non si possono cancellare». Un grido di allarme contro il rischio abbandono confermato anche da uno studio dell’Istat come riportato da un articolo di Antonello Caporale su Il Fatto Quotidiano di domenica “La scomparsa dei paesi dalla mappa dell’Italia”. «I paesi che vanno scomparendo, afflitti da un abbandono che sembra non avere fine, supereranno a dicembre 2016, le triste soglia di 1650» – si legge. E così in Sardegna rischia di sparire il Comune che ha dato i natali a Emilio Lussu, in provincia di Matera anche Aliano, dove nacque Carlo Levi è a rischio. Mentre Giuseppe Spagnolo è l’unico abitante rimasto a Roscigno Vecchia in provincia di Salerno.

fattoIl rischio spopolamento Ma dove devono essere ricercate le cause di questo spopolamento? Nel rapporto “Paesaggio e patrimonio culturale” l’Istat ha raccolto una imponente mole di informazioni e ha spiegato che non esiste un destino obbligato. «La morte – scrive Caporale – sembra scelta con cura, a tavolino da amministrazioni inefficienti, stabilita dall’ignavia o dalla mediocrità o soltanto dalla incompetenza delle classi dirigenti. I soldi sono importanti, certo, e la massa di finanziamenti che si dirige in alcune porzioni d’Italia sono assai più cospicue rispetto ad altre. Ma i soldi non spiegano tutto». Sono quattordici milioni gli italiani, infatti, che vivono in luoghi carenti nei servizi, con prospettive di occupazione più modeste e una resistenza nelle case assai più fragile. Partiranno e se non partiranno accetteranno, dove sarà possibile, un regime di vita e un trattamento sociale iniquo. Un concetto ribadito dai sindaci che a Volterra hanno rivendicato con forza la necessità del mantenimento del presidio dei territori: «Dobbiamo creare un fronte comune – ha detto a La Repubblica il Sindaco di Volterra Marco Buselli – dire che non contano soltanto i numeri e l’ottimizzazione delle risorse. Chi vive nei piccoli centri è già svantaggiato sul fronte dei servizi: se non vogliamo che la gente se ne vada via, serve un cambio di rotta. Servono investimenti, non tagli».

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