carciofo 1_1.JPGE’ inutile negarlo, in cucina è come nella vita: non c’è giustizia. Puoi essere la migliore delle persone e non avere mai ciò che la logica e un innato senso di giustizia, appunto, ti tributerebbero. E invece, spesso, accade il contrario: non importa quanto sei buono, la vita ti va proprio tutta per un altro verso. Esagero? Avete mai sentito qualcuno affermare convinto e sereno a proposito di un amico, parente, conoscente, collega di lavoro «è proprio una brava persona, è buono come un carciofo». Io, mai.

Il carciofo è buonissimo, versatile, gustoso, pieno di ottime proprietà – è un epatoprotettore naturale e un antiossidante, soprattutto le foglie – e si presta per preparare piatti veloci e semplici, lunghi e complicati, come contorno, per essere farcito, come base di sughi in bianco e col pomodoro, conservato sottolio, trasformato in liquore, esaltato nella frittura, cotto sulla brace oppure in frittate succulente e sontuosi sformati. Sicuramente dimentico qualche variante d’uso, ma non credo serva continuare. Nonostante questa evidente e provata bontà, nessuno lo userà mai per esprimere qualità positive, anzi. Spesso lo si chiama in causa per definire la bruttezza o l’antipatia che caratterizzano chi non ci piace. E’ vero, ha le spine in cima a quella sua forma comunque puntuta, ma anche le rose hanno le spine e non mi risulta si usino per definire la bruttezza o l’antipatia. E quelle dei fichi d’India sono parecchio più villane di quelle dei carciofi, ma non ho mai sentito dire «è brutto come un fico d’India». Qualche volta è capitato «dolce, stucchevole come un fico d’India» ma brutto, proprio mai.

Io i carciofi li amo, cucinati in tutti i modi e, naturalmente, anche in pinzimonio, quando sprigionano la sottile linea del loro fondo amaro e amabile. Se dovessi stilare una classifica degli ortaggi preferiti, sarebbero sul podio, probabilmente sul gradino più alto.  La fine di aprile e la prima quindicina di maggio sono il periodo dell’anno in cui in Toscana fioriscono le sagre che li vedono protagonisti e le occasioni per gustarli davvero si sprecano. Per chi avesse voglia di una gita in un posto splendido e dove mangiare ottimi carciofi suggerisco di andare a Chiusure (Asciano-Siena) dove il 25 e 26 aprile c’è una manifestazione di due giorni costruita intorno agli stand che offrono i carciofi di Chiusure, appunto, cotti e conditi secondo la tradizione. Questo carciofo è a rischio di estinzione perché non sono moltissimi i produttori e sarebbe un vero peccato perché ha un sapore particolare ed è molto tenero. La frazione di Chiusure, inoltre, offre una vista sull’abbazia di Monte Oliveto che da sola vale la visita. Gli amanti del carciofo, infine, troveranno di che rallegrarsi anche alla sagra del carciofo del Pozzale (frazione di Empoli) che si svolge il nei primi due fine settimana di maggio e permette di degustare il risotto all’empolese e indimenticabili carciofi fritti.

LA RICETTA – Nell’incertezza, meglio andare sul sicuro. Quindi, fritto! Pulite e tagliate a quarti i carciofi e passateli nel succo di un limone diluito in mezzo litro d’acqua. Preparate la pastella per friggere unendo uova, sale, pepe, un po’ di farina setacciata e un cucchiaino di bicarbonato e mescolate vigorosamente il tutto. Infarinate i carciofi e passateli nella pastella e poi friggeteli in olio bollente. Fateli scolare sulla carta assorbente e gustateli caldi.

 

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