Uno dei paesaggi di cipressi più celebri della Toscana nel Comune di San Quirico d'Orcia (SI) nel Parco della ValdorciaLa Val D’Orcia è una terra straordinaria. Dal 2004 è sotto la luce mondiale dell’Unesco che, nel corso della 28esima sessione che si tenne in Cina, la riconobbe Patrimonio mondiale dell’Umanità. Non un riconoscimento banale bensì la conferma che questa vallata che si sviluppa lungo l’omonimo fiume, tra i comuni di Montalcino, Pienza, Radicofani, San Quirico e Castiglion d’Orcia, è «testimonianza eccezionale del modo in cui il paesaggio è stato ridisegnato nel Rinascimento per riflettere gli ideali di buon governo».

Oggi, a dieci anni di distanza, sembra che qualcuno faccia finta di dimenticare il senso profondo di questo messaggio in nome di qualche tatticismo e di una riforma delle Province che ha creato più disagi che certezze.

Ha fatto scalpore, e creato qualche polemica a livello politico e istituzionale, ad esempio, la notizia che il Comune di Pienza aveva firmato, qualche giorno fa, un accordo per la promozione turistica con Montepulciano, Chianciano Terme, Torrita di Siena e Trequanda. Il programma dal titolo “Tourism Experience fra Val d’Orcia e Val di Chiana”, esclude, oltre che i comuni della Chiana senese, Sinalunga e Chiusi, anche tutti gli altri della Valdorcia. Come se Pienza da sola potesse detenerne il marchio.

In nome di un riordino delle funzionali provinciali in materia di promozione del turismo, si è così scisso il legame profondo tra territori. E l’attuale Provincia, anziché mantenere un ruolo di coordinamento, è rimasta al palo. Ma non certe voci politiche, di opposizione come di maggioranza, che si sono fatte sentire, con conseguenti silenziosi imbarazzi.

Egualmente, potremmo dire, di altre iniziative di Comuni che, anziché operare in ottica coerente di area (riconosciuta tale già ai tempi dei pittori del Trecento!), si muovono sulla base di altre logiche. Come accadde nel dicembre scorso quando il Comune di Montalcino votò in Consiglio comunale (peraltro all’unanimità) il passaggio dal distretto Ausl 7 area Amiata-Val d’Orcia a quella di Siena. Disconoscimento evidente dell’area di riferimento, salvo poi, richiamarne l’origine al momento del bisogno. Proprio ieri, infatti, il sindaco Silvio Franceschelli nel denunciare (giustamente) il pessimo stato delle strade provinciali ormai soggette a frane e cattiva manutenzione (grazie alla stessa riforma delle Province che ha creato il caos nella promozione turistica) ha fatto riferimento «al Parco della Valdorcia, patrimonio dell’umanità». Un passo indietro o solo l’uso strumentale di un nome evocativo di grande pregio?

La motivazione del riconoscimento Unesco 2004 proseguiva dicendo che «le immagini della Val d’Orcia e, in particolare, le raffigurazioni di paesaggi in cui le popolazioni appaiono vivere in armonia con la natura, sono diventate delle icone del Rinascimento e hanno profondamente influenzato lo sviluppo di una cultura del paesaggio mondiale».

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Testo della Charta Libertatis nella pubblicazione del 2007

E per ricordare come questa “armonia” abbia origini lontane, proprio questo pomeriggio a Rocca d’Orcia (Chiesa auditorium di San Simeone, ore 18.30, organizzato dal Comune e dall’azienda Podere Forte) si ricorderà come nel 1207 il conte Guido Medico di Tentennano concesse agli abitanti del borgo una “Charta Libertatis”, in cui erano sanciti non solo i doveri ma anche i diritti di quella popolazione contadina nei confronti del feudatario. Un documento unico, che rappresenta di per sé uno dei primi esempi concreti di emancipazione dalle servitù feudali. Sotto la firma del Signore, anche quella del sindaco della Rocca, Bovacciano da Tintinnano e di 151 capifamiglia.

Questa Charta, autentica Costituzione ante litteram e patto tra gli interessi del padrone e quelli dei contadini, richiama in premessa i valori dell’antica Roma, in particolare tre virtù equità, giustizia e libertà, che sembrano anticipare di molti secoli il motto Liberté Egalité Fraternité introdotto con la Rivoluzione francese a fine Settecento.

Anche in questo documento medievale sta il segreto che ha permesso al territorio della Valdorcia di rappresentare oggi uno dei paesaggi più straordinari e conosciuti al mondo. Possibile che questa armonia millenaria si sia improvvisamente rotta? È bastata una brutta e incompiuta riforma delle Province a compiere un miracolo all’incontrario?

 

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