Luigi De Mossi

Luigi De Mossi ha l’amletica aria del perenne tormento, tra l’essere e il non essere. Nel dialogo con il suo interlocutore ha lo sguardo profondo dell’avvocato pronto a tutto per difendere il suo assistito; è l’abitudine, pensi, ma poi si capisce dal modo in cui parla che cerca un appiglio a cui ancorare il rapporto umano. Se fosse di un’altra epoca si direbbe di lui che la sua collocazione politica è quella umanista. Invece, è un civico, con tutto il gioco delle alchimie, di parole, discorsi e alleanze che ciò comporta al giorno d’oggi, che per vincere le elezioni bisogna dimostrarsi pratici. Anzi praticissimi, manovali addirittura. Per intervistarlo non è stato facile. Bisogna armarsi di santa pazienza, corrergli dietro con scuse banali per conferenze stampa, aule di tribunali e incontri pubblici, impegnato com’è un avvocato che si mette in testa di fare il Sindaco a Siena di questi tempi. Oppure si può provare a “corrompere” la sua addetta stampa. Noi abbiamo scelto questa seconda strada, che poi è la più difficile perché parte dal presupposto che le singole esigenze di un giornalista sono come quelle di tutte gli altri. Finalmente ce l’abbiamo fatta, abbiamo intervistato Luigi De Mossi, il prossimo candidato a Sindaco di Siena, che probabilmente rispetto alla schiera di ipotetici candidati sarebbe quello con maggiore possibilità di essere alternativa al centrosinistra. Perché lui piace molto ai partiti di centrodestra che hanno fiutato la possibilità di strappare la poltrona di primo cittadino anche a Siena. E con in mano già i capoluoghi di Arezzo e Grosseto, dove male non sta amministrando, farebbe un bel pezzo di Toscana. E casomai un giorno puntare alla Regione e cambiare i connotati politici della certezza al sistema politico nazionale. Non stiamo correndo di fantasia, vi stiamo solo dicendo ciò che pensano dalle parti di Forza Italia e compagnia bella. Ecco ciò che abbiamo chiesto (F.C.).

Il Centrodestra sembra guardare a Lei con molto interesse, toglierebbe le castagne dal fuoco ad una coalizione che al momento sembra non avere alcuna intenzione di presentare un proprio candidato. In tale ottica, la sua autonomia civica non rischierebbe di essere condizionata dalle esigenze di dare equilibrio ad una coalizione tecnicamente troppo eterogenea?
«Ho già spiegato che la mia candidatura si rivolge a tutti i senesi senza esclusioni o limiti associativi o di partito – con l’unica eccezione della classe dirigente del Pd. Con la fine dei legami senesi della Banca Monte dei Paschi c’è bisogno di voltare pagina e valorizzare turismo, cultura e agroalimentare: la nostra nuova “banca”. Questa mia scelta inclusiva ha diviso il mio percorso da quello di persone che stimo e con le quali ho vincoli di amicizia.
Non è un segreto che sto parlando con associazioni, partiti e liste seppure la mia connotazione è e resta civica. La mia politica non sarà né di destra né di sinistra, ma attenta alle necessità ed alle urgenze dei cittadini. Tuttavia se si vuole avere un’efficace azione amministrativa non possiamo prescindere da rapporti con chi governa il Paese e l’Europa; senza questi soggetti si rischia l’isolamento e la marginalità o, peggio, l’irrilevanza».

Lei sta girando la periferia di Siena, toccando con mano il mondo reale, i problemi del vivere quotidiano. Esiste una distanza tra questo mondo e la Siena bene? Qual’è il confine?
«Io non parlerei di periferie; vengo da una cultura civica e di Contrada e per me i quartieri – è questo il termine che uso – sono tutti uguali. Periferie fa tanto “banlieue parigine” che fanno rima con degrado. Riguardo alla “Siena Bene” non so di cosa si parli io sono nato e cresciuto in un quartiere popolare, per la Siena bene dovrebbe rivolgersi alla classe dirigente del Pd ed a tutti quelli ad alto reddito e basso sudore che hanno accompagnato la città e le sue istituzioni più rappresentative fino al disastro attuale».

Di che cosa ha bisogno la periferia?
«I quartieri hanno bisogno di presenza, di rispetto e di programmazione costante dell’amministrazione comunale, non di decori temporanei in vista della campagna elettorale. In questo senso ritengo che i senesi comprendano perfettamente le bufale elettorali che la classe dirigente Pd ed il Valentini stanno mettendo in atto».

È possibile armonizzare periferia e centro?
«È necessario, non stiamo parlando di due città, ma di un corpo unico che deve respirare e vivere all’unisono».

La ricchezza economica delle Contrade viene gestita adeguatamente? Il Palio è una risorsa per la città in termini di conservazione o di sviluppo? Il ruolo del Sindaco nei confronti di questo evento lo immagina statico o dinamico?
«Non conosco lo stato patrimoniale di ogni singola Contrada; certamente posso dire che nella loro interezza le Contrade sono state gestite molto meglio dei cda e dei consigli direttivi delle altre istituzioni cittadine. I senesi sono buoni e parsimoniosi amministratori. Il problema è nato quando abbiamo delegato l’amministrazione della nostra vera risorsa ed industria a soggetti squisitamente politici che non avevano la cultura del nostro territorio e i cui risultati manageriali sono oggi di tutta evidenza.
Il Sindaco deve avere un ruolo dinamico nel rispetto dell’autonomia delle Contrade nei loro compiti. Il Palio è una componente essenziale – ma non unica – della città. Va difeso e tutelato senza creare equivoci come quello generato dalla recente costituzione di parte civile del Comune nel processo contro i fantini».

Che ruolo dovrebbe avere la città di Siena per la sua provincia?
«Quello che ha sempre avuto: capofila e guida».

La mobilità sostenibile è una di quelle questioni che può essere affrontata solo da processi politici complessi, il civismo in tal senso perché non è un limite?
Se bastasse essere iscritti ai partiti per risolvere i problemi della mobilità com’è che a Siena siamo fermi a collegamenti anteguerra? Il problema non è il civismo o il partitismo con i relativi collegamenti nazionali ed europei, ma l’autorevolezza del primo cittadino e degli amministratori; qualità che alle recenti amministrazioni è mancata del tutto. Siena non ha una variante di collegamento dei suoi punti cardinali, eppure di soldi grazie alla banca ne sono piovuti. È evidente che i finanziamenti e la distribuzione del denaro della Fondazione e della Banca sono stati veicolati per gestire il consenso con distribuzioni a pioggia senza un’idea d’insieme su grandi progetti di servizio alla città».

Su Mps è finito tutto? La storia è quella che conosciamo? Quindi chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto?
«Il Monte dei Paschi per come lo abbiamo conosciuto non esiste più: prima lo si capisce e meglio è. Oltretutto per il modo in cui è stato gestito dubito che lo Stato – al momento della sua uscita – lo riaffiderebbe volentieri a chi lo ha gestito nel modo noto a tutti».

Cosa rappresenta la storia di David Rossi per la Siena attuale?
«Rappresenta il dramma e la disgrazia individuale di una famiglia, non un’occasione per la ricerca del consenso».

Siena è stata anche opulenza incontrollata, a suo avviso è mancato ordinamento o ordine morale?
«Non mi piace la morale, è una categoria facile e che si presta agli equivoci. Sarebbe meglio parlare di etica e di etica calvinista che non c’è stata; forse basterebbe dire parsimonia e senso della misura».

Lei è un avvocato, frequenta il foro da molti anni, la città che passa per le aule del tribunale è coerente con il contesto socioculturale che viene descritto dai media locali? Siena viene raccontata in modo appropriato o c’è polvere che finisce sotto i tappeti?
«Senza libertà di informazione non vi è libertà alcuna. Ho detto più volte che nell’epoca del “grande conformismo e consenso” l’informazione l’hanno fatta esclusivamente i blogger senesi con varie e diverse sfumature, caratteri e tempistiche d’intervento.
Oggi i giornali e le televisioni sono tornate a fare il loro lavoro e lo fanno bene senza sconti ad alcuno, soprattutto al sottoscritto».

Lei ha dichiarato di essere “sempre stato addentro alle vicissitudini della cosa pubblica”. Può spiegare meglio in che modo e che ruolo?
«Facciamo qualche esempio veloce: l’esposto per l’operazione Antonveneta, come quello sulla sponsorizzazione del tennis club di Orbetello, come pure quello sul Santa Teresa, Train, sull’immobile di via dei Normanni a Roma, OPA, la causa Fruendo e quelle dei dipendenti dell’università li ho redatti io; ho redatto la bozza di legge per l’esenzione fiscale delle Contrade nonché la bozza di un nuovo statuto della Fondazione Monte dei Paschi non approvato dai deliberanti: può bastare?».

Ha dichiarato che lavorerà “a tre grandi progetti e a un programma immediato nei primi cento giorni”, dice di voler riportare “Siena al centro dell’Italia e dell’Europa”. Visto la storia recente non sarebbe augurabile riportare Siena alla normalità?
«Perdoni la libertà che mi sono preso. Perché tre progetti e non quattro, cinque, perché questi propositi temporali, come i cento giorni? Da quali esigenze sono dettate e soprattutto quali sono questi progetti? Riportare Siena alla normalità significa esattamente farla stare al centro dell’Italia e dell’Europa come è sempre stata prima dell’inabissamento attuale. Vorrei ricordare che eccellenze come la Chigiana, l’Università, la tradizione pittorica, l’ospedale che ha fatto da modello nei secoli per tanti altri da Barcellona in là, erano eccellenze europee: la normalità per Siena è l’eccellenza. I primi cento giorni sono essenziali per dare una sterzata ed imprimere una rotta precisa. Ecco perché sono importanti. Per i progetti presenterò il primo all’incontro di gennaio con Parisi ed alla fine del percorso di ascolto».

Alla fine volente o nolente per vincere deve passare dai partiti. Cosa è disposto a cedere loro? Che tipo di compromessi sarebbe disposto ad accettare?
«Come ho già chiarito non mi faccio tirare per la giacca. Chi mi conosce lo sa. La mia è una candidatura propositiva: a litigare ci pensino gli altri».

Lei ha parlato di “giustizia paliesca” che non funziona, e della necessità di fare delle modifiche. Cosa non funziona e cosa deve cambiare?
«È necessario che il Comune dia una chiara indicazione di come intende comportarsi in tutte le fasi e le componenti del Palio, non solo sulla giustizia. Bisogna essere precisi con il mossiere sulla gestione della mossa e tutte le fasi della Carriera. Per la giustizia paliesca si dovrà fare chiarezza su quali sono i comportamenti illegittimi e definire le sanzioni per gli stessi».

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