marcia4Ho preso parte ieri alla manifestazione di pace dalla moschea al Duomo di Colle, alla presenza delle autorità religiose cristiane e musulmane, davanti alle autorità civili, e a un’ampia partecipazione popolare.

Il popolo della Valdelsa, e oltre, è sceso in piazza per urlare la propria voglia di “pace”, le istituzioni hanno letto messaggi intelligenti e lungimiranti.

Il vicario della Diocesi di Siena e l’Imam di Colle hanno letto preghiere di pace.

Basterà questo? Temo di no. Nonostante l’ampia partecipazione c è moltissimo lavoro da fare. Pochi, troppo pochi i musulmani presenti.

I problemi di comprensione reciproca sono molteplici.

marcia3Partiamo da alcuni. Rivolti a noi: è difficile difendere qualcosa che non si ama. E noi occidentali, europei, amor proprio non ce l’abbiamo più. Abbiamo rinnegato la nostra cultura ed identità, abbiamo redatto uno statuto Europeo che più che una carta di valori pare un contratto dal notaio. Non abbiamo più sogni, non sappiamo chi siamo. Vaghiamo…sopravviviamo. Magari cercando fugaci piaceri.

Nel frattempo abbiamo sopravvalutato tutto ciò che era “estero”, meglio se esotico, nuovo, rispetto a noi. Se l’apertura all’altro è un valore e segno di intelligenza, l’annulamento della propria identità è quanto di peggio un popolo possa fare. E’ come segare il ramo sul quale siamo seduti. Il 2015 ci ha insegnato quello che il 2001 ha insegnato all’America.

Ovvero che non siamo soli nel valutarci, e per quanto abbiamo voglia e fame di pace, questa la si fa in due.

Molti buonisti nostrani aggiungeranno cronache mediorentali, che in questo momento c’entrano poco o nulla, perchè il problema è culturale, con un conflitto politico-economico che vede anche guerre intestine tra islamici di diversi colori.

Il problema però è complesso, perchè dentro ci sono interi mondi molto diversi tra loro.

Guai alla tentazione a semplificare. C’è chi vorrebbe etichettare come terrorista ogni musulmano, e questo sarebbe sbagliato, non vero, e anche controproducente.

C’è chi invece è malato di buonismo, e dopo la tragedia non risparmia prediche a..noi stessi, che siamo le vittime.

Le uniche medicine che abbiamo sono fondamentalmente due.

La prima: essere chiari su chi siamo noi, compattarci, dire fortemente che siamo un popolo con radici cristiane, che ama la propria cultura, che sa tollerare il diverso e il non credente, ma che non accetta il sopruso e la violenza.

La seconda: chiedere con forza e autorevolezza una posizione definita e limpida all’Islam moderato. L’Imam di Firenze è persona colta e moderata. Purtroppo non tutti sono così. Serve togliere ogni alibi, ogni ombra di dubbio: le moschee italiane parlino italiano e condannino, senza se e senza ma. L’Islam italiano deve accettare la nostra cultura, e in una qualche forma amarla. Non deve condividerla, o può contribuire a migliorarla. Ma urge oggi un riconoscimento della nostra società da parte della autorità islamiche, senza il quale qualche sconsiderato può, di fatto, sentirsi autorizzato ad andare sopra le righe.

Dobbiamo lavorare per un Islam italiano che sia alleato della nostra cultura. E noi politici italiani, assicuriamoci che nelle moschee sia parlato l’italiano.

La parola d’ordine dovrà essere: reciprocità.

Perchè l’importante è riconoscerci a vicenda. Penso che Dio apprezzerebbe.

 

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