PISA – In Toscana il lavoro parla sempre più lingue. Nel 2024 gli occupati stranieri hanno sfiorato quota 214mila, massimo storico e pari al 12,8% del totale.
È quanto emerge dalla Rilevazione Istat sulle forze di lavoro, secondo cui l’occupazione complessiva in regione è cresciuta del 2,5%, arrivando a 1 milione e 668mila persone. L’aumento riguarda sia gli italiani (+19mila) sia gli stranieri (+20mila). A spingere il dato sono soprattutto le donne: +14mila occupate contro i +6mila uomini. Così, le lavoratrici straniere rappresentano oggi il 45,3% del totale, in leggero vantaggio rispetto al dato medio regionale (44,5%). Il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni si attesta al 66,8%, inferiore a quello degli italiani (71,5%) ma sufficiente a collocare la Toscana al quarto posto in Italia, dietro solo a Valle d’Aosta, Veneto e Trentino-Alto Adige.
Numeri positivi, certo, ma che non cancellano le condizioni di svantaggio. I disoccupati stranieri restano l’8,7%: in calo rispetto al 2023 (11,3%) e sotto la media nazionale (10,1%), ma ancora ben sopra il tasso degli italiani (5,9%). A pesare è anche il fenomeno della sovraistruzione: un terzo dei lavoratori immigrati (33,2%) svolge mansioni inferiori al proprio livello di competenze, contro il 27,7% degli italiani. Il 5,8% è inoltre sottoccupato, cioè lavora meno ore di quelle desiderate, a fronte dell’1,7% tra gli italiani.
Le differenze si vedono anche nei ruoli: quasi un quarto dei lavoratori stranieri (24,6%) è impiegato in mansioni manuali non specializzate, contro il 7,2% degli italiani. Al contrario, solo il 10% ricopre ruoli dirigenziali o professioni intellettuali e tecniche (gli italiani sono al 37,8%).
Parallelamente, cresce l’imprenditoria straniera: un’impresa su sei in Toscana ha un titolare immigrato. A fine 2024 erano 64.154, con un aumento del 2,2% in un anno e del 10,9% rispetto al 2019. Un dato in controtendenza rispetto alle imprese “italiane”, calate del 7,6% nello stesso periodo. Così la quota di imprese a guida straniera è arrivata al 16,4%, ben sopra la media nazionale (11,3%). La mappa dei titolari parla soprattutto quattro lingue: cinese (23,3%), albanese (14,3%), marocchina e rumena (entrambe 11,3%). Il primato resta a Prato, dove la concentrazione tocca il 34,3%, record nazionale. Seguono Firenze (19,3%) e, a distanza, le altre province toscane.
Anche sul fronte femminile la Toscana si distingue: il 27,2% delle imprese “immigrate” è guidato da una donna (contro il 24,7% nazionale), con picchi che toccano il 35,1% a Prato e il 29,1% a Grosseto. Altro tratto peculiare: a differenza del resto d’Italia, dove le imprese straniere sono concentrate nei servizi (58,1%), in Toscana c’è equilibrio tra industria e terziario. Circa 27.600 operano nel settore industriale, 30.400 nei servizi e oltre 3.300 in agricoltura, di cui un quarto nella sola provincia di Grosseto.
Una fotografia in chiaroscuro, insomma: da un lato una forza lavoro straniera che cresce, si specializza e crea impresa; dall’altro, barriere ancora solide – stipendi più bassi, ruoli meno qualificati, opportunità ridotte. La sfida, per la Toscana, sarà ora trasformare questo motore demografico e produttivo in vera integrazione economica.







