Oltre cinque milioni di italiani vivono in zone pericolose esposte a frane e alluvioni, e più di 6.500 comuni (l'82% del totale) hanno aree a rischio idrogeologico. La superficie critica si estende per oltre 29.500 kmq (il 9,8%) del territorio nazionale. Numeri resi noti dalla conferenza nazionale sul dissesto del suolo promossa da un ampio ventaglio di sigle di associazioni, sindaci, professionisti del settore, tecnici ed esperti, ed in cui si è parlato soprattutto di prevenzione e mitigazione del rischio, con proposte concrete pronte da tirar fuori una volta alzato il sipario sul nuovo Parlamento e sul prossimo governo.
 
Messa in sicurezza con il coinvolgimento della politica Tra le regioni più esposte in Calabria, Molise, Basilicata, Umbria, Valle d'Aosta, e provincia di Trento, il 100% dei comuni è a rischio; nelle Marche e in Liguria il 99%; nel Lazio e in Toscana il 98%. Secondo il coordinamento delle sigle della conferenza «le emergenze scattano ormai sistematicamente ogni autunno a causa della mancanza di un’adeguata politica di prevenzione e di governo del territorio». L'obiettivo, allora, diventa quello di «accendere l'attenzione della politica su questi temi, guardando subito ai candidati alle prossime elezioni. Ma le contromosse al dissesto del suolo e ai cambiamenti climatici sono pronte e contenute nel Piano sulla messa in sicurezza del territorio che il ministro dell'Ambiente Corrado Clini ha già presentato al Cipe il 21 dicembre; una prossima riunione è prevista per l'8 marzo, quando lo stesso ministro si augura che «si possano fare passi avanti per individuare strumenti concreti per il Piano». Il programma richiede risorse per 40 miliardi: «Credo che in 15 anni con 2,5 miliardi all'anno il nostro Paese possa raggiungere l'obiettivo della messa in sicurezza del territorio», dice Clini.
 
Prevenzione in primo piano L'importanza della prevenzione viene messa in evidenza da Legambiente, che calcola il costo prodotto dai danni, specie in fase di emergenza: la stima parla di un milione al giorno negli ultimi tre anni, e solo per far fronte alle spese di somma urgenza per gli eventi nel triennio 2009-2012; in totale circa 1 miliardo, anche se i danni contabilizzati sono il triplo delle risorse stanziate. L'Anci pensa che «costi, diseconomie e lentezze decisionali» siano dovute «alla stratificazione amministrativa» e alla «distribuzione tra diversi soggetti» delle competenze sulla difesa del suolo.

Parola agli agronomi «Un grande piano per la riqualificazione del nostro territorio passa anche attraverso il reperimento delle risorse dalla vendita del patrimonio pubblico disponibile. Tale patrimonio dovrebbe essere acquistato dall’Unione Europea ed il relativo ricavato essere vincolato ad un piano per messa in sicurezza del territorio. Si creerebbero contemporaneamente rilancio dell’economia, nuovi posti di lavoro e nel contempo il Paese resterebbe comproprietario del nostro patrimonio». Così è intervenuto il presidente del CONAF-Consiglio dell’ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali Andrea Sisti. «Per creare valore sul territorio e produrre interventi che mettono in sicurezza e qualificano il territorio e il suo paesaggio, occorre un approccio multidisciplinare e dei professionisti in grado di produrre una progettazione strategica e di lungo periodo».

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