Poltrona-vuota-quirinaleSalta anche Albertini.Non convince più, a quanto pare.

Troppo tenero, e poi non “buca il video”, per usare un termine in voga. E’ vero che ha la faccia pulita, il fratello prete e da giovane faceva molti goal su punizione, ma è troppo poco per riassumere in sè quelle caratteristiche fiammeggianti che i tempi richiedono. Se si esclude il fratello prete, sono le stesse credenziali che potrebbe esibire anche Spadino Robbiati. O il Chino Recoba.

In compenso, Albertini ha detto una cosa sacrosanta: il nuovo Presidente della Figc dovrà essere un grande uomo «di rappresentanza». E finalmente ci siamo arrivati!

Dunque, tutto questo potere salvifico del nuovo Presidente si traduce in una figura “di rappresentanza”…. Nessun Robespierre che taglia le teste, nessun Lenin che espugna il Palazzo d’Inverno. E d’altronde, non esistono i poteri per essere né l’uno né l’altro (come ampiamente previsto). Basterà, quindi, un uomo-immagine. Uno che venga bene in fotografia e abbastanza sveglio con le forbici quando ci sarà da tagliare i nastri (e anche questo lo avevamo detto).

Non ci volevano doti divinatorie per capirlo: purtroppo i problemi del calcio italiano sono complessi e profondi, e richiedono innanzitutto un cambiamento di cultura. Ma da noi si vive con l’illusione delle scorciatoie. Come dire, cambiamo il Presidente all’INPS e vedrete che andiamo tutti in pensione a cinquant’anni.

Tavecchio, ormai solo sulla barricata, dice di aver contro i “poteri forti”. Di certo, ha contro la politica e gli Agnelli, e non mi sembra un gran bel cominciare. In più, lo guardano storto i giornali che contano (Gazzetta in testa) e molti moralisti integerrimi. Quelli che sulle condanne penali non hanno detto “beh”, ma è bastato un accenno alle banane e hanno dato fuori di matto. Ormai è groggy, come dicono nel pugilato. L’intervista al TG1 di ieri sera era qualcosa di struggente: varrebbe la pena votarlo solo per la tenerezza.

Condanne e banane a parte, però,  Tavecchio è l’uomo che (dopo Giulivi) ha retto il calcio Dilettanti per quindici anni. E se c’è un mondo dove la novità e la cosiddetta “rivoluzione” non ha mai trovato posto, quello è proprio il calcio Dilettanti. Che si è lasciato morire piano piano senza il briciolo di un’idea o la scintilla di un cambiamento vero e profondo che ne facesse, dal basso, il vero motore del calcio italiano.

Questo è Tavecchio, banane a parte. Mentre Albertini è un personaggio che non  decolla.

Bastava questo per capire che non erano i cavalli sui quali puntare.

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