sofri«A un dato momento la bugia stampata avrà la meglio su di me».

Questa era l’amara considerazione di Victor Klemperer, studioso del linguaggio tedesco, nella sua opera “La lingua del Terzo Reich”. Amara considerazione relativa a una verità che si misura con la bugia e che sa che la bugia finirà per prevalere. E’ così che funziona: quando le cose finiscono su un giornale, quando iniziano a circolare in rete, quando sono riprese da altre testate, non importa che siano vere, il fatto è che è come se fossero vere.

Di tutto questo parla Luca Sofri in “Notizie che non lo erano. Perché certe storie sono troppo belle per essere” (Rizzoli), libro che molto fa pensare e che riesce anche a essere divertente, accompagnandoci in una giungla di equivoci, di sfondoni, di allegre traduzioni e di morti più volte annunciate (su tutti Fidel Castro, il più dato morto dei vivi).

Solo una bella antologia di bufale, come si dicono nel gergo giornalistico? Direi di più, molto di più. Anche perché sfata diversi luoghi comuni. In primo luogo la supposta attendibilità della stampa tradizionale rispetto alle tante cose che circolano in rete. Vero il contrario, piuttosto: di certe cose ci si accorge di più perchè finiscono sul web; e quest’ultimo è piuttosto la cassa di risonanza di ciò che, sventuratamente, finisce pubblicato anche sui migliori dei giornali.

Ma se anche con quest’ultimi non c’è da stare allegri, bisogna solo rassegnarsi alla quotidiana disinformazione?

Forse è a un giornalismo diverso che si può pensare, che metta insieme professionisti e cittadini, nella consapevolezza – lo spiega Jeff Jarvis – che qualunque cosa svolga efficacemente il compito di creare comunità più informate – e quindi meglio organizzate – è giornalismo.

E forse si potrà continuare a fare le pulci – in questo modo mettendo in circolo non un virus letale per il giornalismo, ma vitamine per un giornalismo migliore, più attento e accurato.

O forse potremo semplicemente cavarsela come ci spiega nell’introduzione Sofri:

«Muovendoci con diffidenza e sapendo che dovremo arrangiarci, se vogliamo capire cosa sia vero e cosa sia falso in un mondo in cui c’è un sacco di falso, ben stampato. Divertente».

 

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