Ha compiuto 80 anni il 20 aprile. “Giovanni Ticci, è uno dei disegnatori che più stimo al mondo, ed è amatissimo dal nostro pubblico” aveva scitto di lui Sergio Bonelli. E nel celebrare il suo compleanno riproponiamo volentieri un’intervista che gli facemmo proprio poco dopo la scomparsa dell’editore di Tex, nel 2011, nel suo studio nella campagna senese.

Dai mitici personaggi americani protagonisti dei telefilm western degli anni’50 alle strisce settimanali e quindicinali italiane degli anni ‘60. Dai quotidiani agli albi speciali. Dal 1967 Giovanni Ticci disegna con la sua mano emozioni. E’ nella campagna senese che tra una segno di matita e uno schizzo di china prende vita ogni giorno Tex. Un lavoro che mischia passione ed suggestioni per una delle storie a fumetti con cui intere generazioni sono inevitabilmente cresciute. Ma il fumetto, pur avendo cambiato pelle con il trascorrere dei tempi, continua ad avere un ruolo fondamentale. Soprattutto nell’educazione dei ragazzi e nel loro primo approccio alla lettura in modo costruttivo. Utopia? No e Giovanni Ticci, la mano che da oltre trent’anni dà vita, attraverso le sue matite, i suoi pennelli ad uno dei personaggi più amati di tutti i tempi nella storia del fumetto ce lo racconta.

Il fumetto dovrebbe tornare come strumento didattico nelle scuole. Quando ero piccolo esisteva “Il vittorioso” e attraverso quel fumetto si apprendeva in modo semplice la storia. Del resto se lo scrittore e il disegnatore sono bravi il fumetto è un invito alla lettura, un primo approccio costruttivo.

Entrare nel suo laboratorio in campagna è un po’ come compiere un viaggio nell’eternità del tempo. E a stringere la mano di un senese che ha fatto compiere così tanti viaggi alle menti in quel fantastico mondo del west così lontano, ma così vicino si prova una forte emozione. I suoi modi gentili e garbati fanno subito intendere che il personaggio ha dei valori. Primo fra tutti l’amore per la sua professione e la sua creatura.

Fortunatamente ho sempre avuto, fin da quando subentrai nel mio primo Tex a Giolitti, la capacità di immedesimarmi nelle storie che disegnavo. E più la storia è bella più è un piacere disegnarla. Viceversa se la storia è noiosa diventa tutto tremendamente faticoso.

Ma la passione per la matita è troppo forte. E non si riesce a stare seduti. Mi porta al suo tavolo di lavoro e inizia a disegnare, poi si alza e inizia a sfogliare le sue creature e il viaggio diventa entusiasmante.

Il fumetto è un insieme di elementi. E se è scritto male può rovinare perfino il disegno. Alla base di tutto c’è la sceneggiatura. Un po’ come nel cinema. Molti registi utilizzano il disegno. Lo scrittore e lo sceneggiatore di solito coincidono nella stessa persona e poi c’è il disegnatore che traduce in tratto quello che lo scrittore ha in mente. Un autore completo dovrebbe incarnare tutte e tre queste figure. Una volta avevo anche io questa velleità, ma con il tempo mi sono accontentato di essere solo disegnatore. Un bell’accontentarsi osiamo aggiungere noi.

Ma un fumetto che, apparentemente sembra sempre uguale a se stesso, può cambiare nel tempo?
Il mio disegno nel tempo, per fortuna, ha subito una forte evoluzione. C’è molta più cura nella preparazione delle figure, il segno è più morbido e meno duro. Ma tutto questo è accaduto senza che me ne accorgessi. Molti lettori sono nostalgici. Io invece vedendo i cambiamenti nel disegno sono felice. Lo stesso non posso dirlo per le storie. Il fumetto non è più quello di una volta. Compreso Tex che gli autori rischiano di far scadere nel genere poliziesco. Non si riescono a inventare più le strutture di una volta. Su Tex c’era una sorta di codice d’onore. Menava le mani, faceva una scazzottata ma c’era movimento nella storia e non scadeva mai nel volgare. Oggi il rischio che si corre può essere proprio questo.

Che futuro ha il fumetto, chiedo.
Il fumetto non scomparirà – risponde con sicurezza e orgoglio Ticci – anche se sarà ridimensionato e rilegato ad una cosa di èlite. Si arriverà a libri da collezione, cartonati come in Francia e ci sarà sempre meno possibilità di lavoro per giovani disegnatori. Per fortuna l’Italia ha avuto la possibilità di godere del genio di Bonelli.

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