In piedi da 14 ore, mezz’ora di pausa per pranzo, un paio di visite alla fatina della pipì ed essere ancora davanti a un computer per scrivere. Per di più, in un blog fermo da circa un paio di mesi. Si, perché amo il mio lavoro. Amo fare il giornalista, amo essere dove i fatti diventano notizie. E oggi – lo dico con una buona di orgoglio – con Cristian abbiamo fatto un vero scoop ripreso poi dai colleghi di tutta Italia; con Tommaso abbiamo seguito un dibattito consiliare dando vita a una tribuna politica trasmessa in diretta tv. Una prima volta in assoluto, credo. Cioè, per noi lo era sicuramente (vista l’anagrafe) e, presumo, lo fosse anche per qualsiasi piccola emittente locale si possa conoscere. La cosa che mi è piaciuta di più è che non siamo stati lì per lasciare il nostro commento, né per combattere una battaglia. Non credo di essere un depositario della verità, credo invece di salvarmi perché a 27 anni so ancora farmi delle domande. Non prendo le parti di nessuno, non voglio far passare un messaggio politico, non voglio mettere «alla sbarra» (come ho letto) qualcun altro. Sono felice perché oggi ho riportato i fatti. Sia che si chiamino Processo Mps, sia che si chiamino Consiglio comunale di Siena. È stata una giornata logorante dal punto di  vista fisico, entusiasmante da quello professionale. E forse, il bello di questo lavoro è anche questo: ti ripaga da solo. È un’enorme soddisfazione vedere che quello che fai funziona. Sia che tu sia un giornalista, un fotoreporter, un operatore tv o un addetto stampa (o anche tutto questo messo insieme, perché no?). Precario o non precario, assunto con contratto o lavoratore a partita Iva: non serve dibattere sulla professione, serve esercitarla, serve – in buona sostanza – battersi i tacchi in culo per fare questo lavoro. Per farlo bene, ancor di più. Ma non per dover mettere una firma o per difendere un titolo o un nome, né , Dio ci scampi e liberi, per far passare un messaggio, un’opinione o un’idea. Quella è propaganda. Ed anche mascherata da blog rimane pur sempre propaganda. Non spero certo con questo post di invertire quest’antipatica tendenza diffusa tra alcuni esperti colleghi che mi circondano e che sbandierano un titolo da “professionista” come quando a 15 anni sciorinavi agli amici il numero delle ragazze con cui avevi pomiciato. Dopo un giorno in cui avrei avuto mille motivi per farmi girare le palle (in piedi per ore, rare pause, una rincorsa continua agli eventi mentre la lancetta dei secondi scorreva veloce…), oggi voglio esternare la mia soddisfazione. Anche se, mi potrebbero far notare che sono sottopagato o che qualcuno mi ha rubato un migliore posto di lavoro perché non ho il politico di turno che mi raccomanda. Non me ne importa, io vado avanti con la schiena dritta. I pro arrivano secondo i meriti. Sono innamorato di questo lavoro. Di conseguenza, quando ne parlo, sono anche un inguaribile ottimista.

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