coriandoli-carnevaleIn Toscana il Carnevale è sempre stato tempo di scherzi e beffe che di devono accettare di buon grado come afferma il proverbio: “A Carnevale ogni scherzo vale”.

La parola “carnevale” deriva dal latino carnem levare (“eliminare la carne”) poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della quaresima.

Il carnevale è una festa che si celebra nei Paesi di tradizione cristiana con festeggiamenti nelle pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi; in particolare, l’elemento distintivo e caratterizzante del carnevale è l’uso del mascheramento.

chiacchiereLa tradizione gastronomica del carnevale è legata alla preparazione di alcune tipologie ben precise di dolci: i dolci a base di pasta fritta. I più classici sono le cosiddette sfrappole, chiamate in modo diverso a seconda della zona: galani in Veneto, grostoli in Trentino, cenci in Toscana, bugie in Piemonte. Questi sono dolci preparati con un impasto di farina, acqua, uova, burro e zucchero, tirati in sfoglia sottile e fritti. Altri dolci fritti, ma di forma tondeggiante, le tipiche frittelle di San Giuseppe a Siena, le scorpelle molisane, la scorrezione di pinocchiata siciliana, gli struffoli umbri, i tortelli di carnevale lombardi, i cattas sardi, la cicerchiata abruzzese, i friciò piemontesi, le fritole veneziane, le castagnole friulane.

Poi ci sono dolci fatti al forno e tra questi il più famoso è il berlingozzo: uno dei dolci di carnevale più famosi di tutta la Toscana, preparato tradizionalmente per il Martedì e il Giovedì Grasso, ma così buono che viene cucinato un po’ tutto l’anno.

Ed allora ridiamo, scherziamo e divertiamoci prima dell’astinenza dei quaranta giorni che portano alla Pasqua «nel qual tempo i fedeli da ventun’ anno in su digiunano tutti i giorni, salvo le domeniche» (Vocabolario degli Accademici della Crusca). Per il gran finale del martedì grasso,  tra balli e gozzovigliate, prevedeva un tempo la ciccia (la carne) che in Quaresima era proibita e che rappresentava l’alimento più ambito e costoso. Ma la povertà delle campagne spesso non permetteva questa trasgressione e allora nacque il detto: per martedì grasso chi non ha ciccia ammazzi il gatto! Mi raccomando non prendetelo alla lettera i nostri modi di dire toscani sono spesso coloriti ma tutti in buona fede!

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