E’ una storiella yiddish antica come il mondo. Due litiganti si rivolgono ad un rabbino per risolvere una controversia, ma il religioso non riesce a trovare una soluzione e, alla fine, si vede costretto a dare ragione ad entrambi. Interviene la moglie, che lo rimprovera: «Non è possibile che entrambi abbiano ragione». Il rabbino ci pensa qualche minuto e poi sentenzia: «In effetti, hai ragione anche tu».

Soltanto ricorrendo all’umorismo ebraico riesco ad affrontare la notizia degli albergatori e dei ristoratori della riviera romagnola che si lamentano di non trovare “lavoratori qualificati” per la stagione estiva (cuochi, camerieri, receptionist, lavapiatti, ecc.) in un’Italia, che pure ha livelli ancora troppo alti di disoccupazione. La lamentela è arrivata in tv e sui giornali e che ha scatenato durissime reazioni sui canali social, soprattutto Facebook, dove i potenziali “lavoratori qualificati” hanno spiegato di non essere disposti ad accettare condizioni che non sono di lavoro, ma di puro sfruttamento: turni di 14 ore di cui solo 6,5 vengono pagate, nessun giorno di riposo, mansioni di bassa manovalanza richieste a persone di esperienza e professionalità, vitto e alloggio garantito ma in condizioni al limite della decenza. Insomma, per ricorrere ad un altro detto, questa volta di humour inglese: “se paghi noccioline, lavori con le scimmie”. E non ti lamentare.

Al pari del rabbino della storiella, anche io devo dire che hanno ragione entrambi. Perché è vero che gli hotel offrono condizioni di lavoro e di retribuzione che difficilmente possono essere accettate da un “lavoratore qualificato”, così come è vero che l’impegno richiesto durante i mesi di alta stagione si scontra con le attitudini di quanti vogliono avere il fine settimana libero (e non è possibile), staccare all’orario previsto a prescindere dalle esigenze di servizio, o falsificano la propria esperienza di cuochi e camerieri, senza mai averlo fatto.

I datori di lavoro sfruttano al massimo possibile la precarietà del lavoro, per non avere costi fissi che andrebbero a ridurre oppure ad azzerare i guadagni. I lavoratori non possono essere disponibili “a chiamata” per ogni cosa (oggi mi servi 14 ore, per 3 giorni stai a casa e poi fai 24 ore filate, dal lavapiatti al maitre) con un compenso che alla fine è forse la metà di quello giusto.

Non è un problema semplice, che si risolve con un articolo o un post (il mio), ma che dovrebbe essere affrontato veramente. Invece, se ne parla due giorni e poi si continua ad andare avanti come sempre: ricorrendo al cugino impiegato di banca, la zia che lavora in provincia, il fratello idraulico, che lo fanno di secondo lavoro, ovviamente in nero, e possono quindi essere chiamati solo quando c’è bisogno.

Articolo precedenteMusart Festival. Nel cuore di Firenze spettacoli e concerti. Al via con i Baustelle
Articolo successivoPasseggero indesiderato. Spunta il serpente dal cruscotto, necessario l’intervento della Stradale