Dopo che il nuovo piano industriale di MPS è stato approvato, cosa succederà alla banca senese? E quale sarà il ruolo della fondazione? A tali spinose domande non è possibile rispondere con esattezza. Tuttavia, è possibile sezionare il futuro per descrivere gli scenari che potrebbero concretamente realizzarsi. Ed è anche possibile passare in rassegna i numeri su cui si basano le mie considerazioni.
 
Partiamo dai numeri, quindi. Il valore delle azioni circolanti di MPS è oggi di circa 2.7 miliardi , al prezzo per azione di 23.25 centesimi (è risalito un in settimana, in seguito all'annuncio del piano industriale, migliorando un po' sia la situazione sia della Banca che della Fondazione). Le azioni in mano alla fondazione MPS sono il 33.5%, per un valore di circa 900 milioni. L'aumento di capitale deciso, per restituire i Monti-bond, è di 2.5 miliardi: questo vuol dire che, se l'aumento di capitale riuscisse, la quota della Fondazione (che non aderirà all'aumento di capitale) passerà al 17,5%. La fondazione ha anche debiti, per un valore di circa 350 milioni. Se supponiamo che questi debiti vengano pagati con le azioni (la Fondazione non ha altri mezzi a disposizione al momento) la sua quota in MPS scenderà al 10,5% circa. La Fondazione rimarrebbe quindi, al momento, l'azionista di maggioranza, pur se con una quota estremamente rimaneggiata. Ma l'abolizione del tetto del 4% per tutti gli investitori permette a qualsiasi investitore di assumere questo ruolo: bastano 600 milioni circa. Le considerazioni che seguono ipotizzano la riuscita dell'aumento di capitale. Se l'aumento di capitale non riuscisse, MPS verrebbe nazionalizzata con grave perdite per il tesoro, che riceverebbe azioni per un valore molto inferiore ai 4 miliardi che hanno prestato con i Monti-bond.
 
Ecco quindi i tre scenari possibili se riesce l'aumento di capitale:
1) il socio italiano. E' lo scenario secondo cui un gruppo bancario o industriale italiano investirebbe in Monte Paschi partecipando massicciamente all'aumento di capitale. Sul blog di Beppe Grillo è stata paventata la possibilità che tale gruppo sia Banca Intesa. Tale notizia appare infondata, ma non è implausibile: ad esempio, sarebbe probabilmente benvenuta dalla Banca d'Italia. La Fondazione verrebbe marginalizzata, ma il controllo della banca resterebbe in Italia e la Fondazione sarebbe in ogni caso un azionista di peso. Una fusione con un gruppo bancario richiederebbe sacrifici ingenti dal punto di vista del personale, in quanto i costi del gruppo risultante dalla fusione dovrebbero essere abbattuti.
2) il socio straniero. E' l'ipotesi che un gruppo, non necessariamente bancario, si appropri di MPS. In tal caso il controllo della banca passerebbe in mani straniere, non controllabili, e la Fondazione sarebbe del tutto marginalizzata, pur rimanendo azionista di peso. Potrebbe garantire investimenti sulla banca e meno sacrifici dal punto di vista del personale. Tuttavia, passando il controllo in mano straniera, il destino di MPS sarebbe sostanzialmente imprevedibile.
3) l'azionariato diffuso. E' l'ipotesi che all'aumento di capitale partecipino solo gli attuali azionisti di MPS (esclusa la Fondazione), aumentando di poco la loro quota percentuale e sobbarcandosi i costi per intero. In tal caso, la Fondazione rimarrebbe l'azionista di maggioranza e il suo peso sarebbe determinante. Si tratta però dell'ipotesi meno plausibile, perché implica che i grossi investitori siano disposti a investire massicciamente nella banca lasciando però alla Fondazione il ruolo di guida.
 
Guardando alla storia Italiana, la soluzione più probabile apparirebbe la prima, ma si tratta comunque di una previsione azzardata. Solo il tempo scioglierà questo nodo.
 
 
 

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Docente di matematica finanziaria all'Università di Siena