panino-con-il-lampredottoIl lampredotto non è un piatto natalizio, ma quando compaiono le lucine colorate alle finestre, sui balconi e avvinghiate alla siepe di alloro del giardino accanto, ecco, per me è arrivato il momento del panino col lampredotto. E’ un rito, un ricordo, un sommesso e gustoso inno all’amicizia, a quella fraternità che spesso, non sempre, ma spesso nasce quando si condivide un cibo anche se in modo non troppo ortodosso: in piedi, con in mano un panino succulento da cui se stringi troppo forte esce un miscuglio di olio, brodo e, se piace, salsa verde. E fa talmente freddo mentre mangi che ti viene da battere i piedi in terra per essere sicura che ci sono ancora, lí sotto, alla base del tuo essere.

Il rituale del panino col lampredotto in zona Babbo Natale per me è iniziato per caso, in etá adulta (mai conosciuto un bambino che amasse il lampredotto, finora) e grazie ad una serata di studio matto e disperatissimo, non mio, ma di un amico che preparava un esame importante e, in preda allo sconforto, mi chiamò verso mezzanotte per condividere la sua ansia da preparazione. Alla fine della telefonata ci trovammo a condividere un panino al lampredotto davanti all’unico lampredottaio aperto a Firenze a quell’ora, piú o meno l’una del mattino. E non eravamo nemmeno gli unici clienti. Mancavano pochi giorni a Natale e il camioncino del lampredottaio era addobbato con una striscia di luci natalizie colorate, un accrocco di strapaesano un po’ kitsch che alla fine scaldava il cuore.

Perché il bello del panino col lampredotto dopo mezzanotte é proprio questo: un cibo povero che scalda il cuore prima ancora dello stomaco. E che non si mangia da soli. Sí, perché anche se dal lampredottaio arrivi in solitario, il fatto stesso di essere lí, di aver scelto quel cibo, ti mette subito in comunicazione con gli altri avventori. Un hamburger in un fast food puó lasciare in solitudine, un panino da un lampredottaio no. È una scelta di campo, una dichiarazione di intenti, un inno, appunto, alla socialitá di chi sceglie un sapore forte e semplice, povero e basilare, indissolubilmente legato a una visione molto umana e diretta delle relazioni sociali. Anche grossolane e un po’ rumorose, magari, ma potenti. A quel panino condito di amicizia, salsa verde e bruciori di stomaco (il lampredotto é piuttosto duro da digerire ) ne sono seguiti molti altri, con persone diverse e circostanze diverse, tutti uniti dal filo rosso della condivisione di un momento. Esagero? Vuole dire che non siete consumatori di panini col lampredotto.
Ma potreste sempre provare….

La ricetta Il lampredotto buono come lo fa chi lo cucina di professione non lo fa nessuno. Detto questo, vale la pena provare anche qualche soluzione “domestica”, perché il risultato è comunque apprezzabile quando non direttamente ottimo. Prendete il lampredotto e tenetelo a bagno in un misto di acqua e aceto di mele o bianco per un’oretta, sciacquatelo bene e mettetelo a sobbollire in acqua e odori, gli stessi che usate per fare il brodo. Io aggiungo sempre anche un paio di cipolle rosse perché secondo me ci stanno bene, ma non è obbligatorio. Ci vuole circa un’ora di cottura a fuoco basso da quando il brodo comincia a sobbollire e poi il lampredotto è pronto. A questo punto potete usarlo per farcire panini, avendo l’accortezza di “passarli” leggermente nel brodo di cottura, oppure potete utilizzarlo nell’insalata di patate o come base per il risotto. Ovviamente dopo averlo tagliato a striscioline sottilissime. Ma, anche in questo caso, il limite di uso del lampredotto sta solo nella fantasia, perché é un cibo che si presta a essere utilizzato in molte ricette diverse.

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