In un interessante incontro giovedì scorso a Siena nella Saletta dei Mutilati si è discusso di MPS e della Fondazione. L'ansia era palpabile: è ormai chiaro a tutti che il patrimonio della Fondazione si è drasticamente ridotto, ed è stimabile oggi intorno ai 500-600 milioni di euro, derivanti dal valore di mercato di circa 4 miliardi di azioni MPS in mano alla fondazione, che al prezzo di oggi di 0,2255 valgono circa 880 milioni, e da debiti per un valore complessivo di 350 milioni. Era presente anche il sindaco Bruno Valentini, che ha ribadito quella che ormai è una realtà di fatto: la Fondazione da oggi in poi opererà le sue scelte senza coordinarle con la Banca.
 
Cosa può fare quindi la Fondazione? In questo momento, dal punto di vista finanziario, il rischio più grande che essa ha davanti è quello della concentrazione. La Fondazione è investita al 100% in MPS. Se MPS dovesse fallire l'aumento di capitale, anche il patrimonio della Fondazione si azzererebbe. D'altro canto è anche vero che, se l'aumento di capitale riuscisse, il patrimonio della Fondazione ne risulterebbe sensibilmente valorizzato. Si tratta, quindi, di una vera e propria scommessa su MPS, senza nessun tipo di paracadute se le cose vanno male. Ci ricorda qualcosa? In ogni caso, è una situazione patrimoniale che verrebbe stigmatizzata da qualsiasi gestore di portafoglio.
 
D'altro canto, è molto difficile ipotizzare una vendita massiccia delle azioni. Infatti, il pacchetto azionario rappresenta, ad oggi, il 33.5% delle azioni circolanti, anche se si ridurrà moltissimo (probabilmente scendendo sotto il 10%) quando sarà terminato l'aumento di capitale. Vendere una quantità così gigantesca di azioni sul mercato è semplicemente impossibile, perché determinerebbe un crollo del valore delle azioni stesse e sarebbe quindi un suicidio. Quindi, l'unica possibilità aperta sarebbe quella della contrattazione privata: con chi si impegnasse a rilevare il Gruppo MPS in concomitanza dell'aumento di capitale, ad esempio. Oppure, con la banca stessa. Ad esempio, mi sembrerebbe saggio che MPS e Fondazione si scambiassero azioni (dalla Fondazione alla Banca) contro titoli di Stato (dalla Banca alla Fondazione), andando incontro alle esigenze di entrambi gli istituti (e dei contribuenti). La quantità di titoli di Stato detenuta da MPS, infatti, è eccessiva e determina un'influenza deleteria dei tassi di interesse italiani sul valore delle azioni. Nel piano industriale, si è deciso quindi di diminuire la componente obbligazionaria. Ciò però espone la Banca allo stesso rischio: vendendo ingenti quantità di titoli di Stato, si rischia di spuntare prezzi più bassi (anche se qui il rischio è molto minore, vista l'enorme quantità di titoli di stato circolanti). Lo scambio con le azioni in mano alla Fondazione risolverebbe i due problemi in un colpo solo. La Fondazione non è quotata in borsa, e quindi non subirebbe le ripercussioni delle oscillazioni dello spread, e comincerebbe a diversificare il proprio portafoglio.
 
Al di là del modo in cui alla Fondazione convenga liberarsi del proprio pacchetto azionario, rimane aperto il nodo di quanto vendere. Mi sembrerebbe scontato che bisogna liberarsi dei debiti, quindi almeno 350 milioni. Per una buona diversificazione, e tenendo anche conto del mandato istituzionale della Fondazione, non manterrei più del 30-40% del patrimonio totale investito in MPS, cioé 150-200 milioni di euro. Il resto andrebbe investito in obbligazioni e azioni di titoli non bancari. E' vero che questa scelta, corretta da un punto di vista puramente finanziario e che incrementerebbe la stabilità del rendimento del portafoglio della Fondazione, porterebbe la quota della Fondazione in MPS sotto il 5%, facendo storcere il naso a più di qualcuno. Ma la domanda è: ci sono davvero alternative?

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Docente di matematica finanziaria all'Università di Siena