Perché la Commissione Europea si interessa al piano di ristrutturazione di MPS?
La domanda è sensata e richiede un momento di approfondimento per comprendere che quello della Commissione è un atto dovuto, conforme agli accordi in seno all'Unione Europea.
 
Tutto inizia con l'erogazione dei Monti-Bond, a febbraio del 2013; un prestito di circa 4 miliardi di Euro per fornire alla banca in difficoltà la liquidità che le garantisse il proseguimento dell'operatività. Tuttavia, i trattati economici dell'Unione Europea proibiscono gli aiuti di stato ad un'azienda privata per salvaguardare la concorrenza tra le aziende dei paesi membri. Pertanto, tale prestito è possibile soltanto se remunerato da tassi di interesse adeguati. L'adeguatezza del tasso di interesse dipende dallo stato di solvibilità dell'azienda: per aziende in buono stato di salute il tasso di remunerazione sarà basso; aziende in difficoltà pagheranno interessi più alti, secondo una semplice logica economica. Il tasso dei Monti-Bond è di circa il 10% all'anno, e quindi piuttosto elevato (lo Stato Italiano si indebita ad un tasso di circa il 5%). La Commissione Europea deve valutare se tale tasso è adeguato allo stato finanziario di MPS, e per tale motivo esprime le sue valutazioni preventive. Se il tasso risultasse troppo basso, la Commissione potrebbe aprire una procedura di infrazione per aiuti di stato.
 
E' in corso quindi una trattativa tra lo Stato Italiano e la Commissione. E' possibile che 10% rappresenti un tasso basso per la difficile situazione attuale di MPS. Tuttavia, se tale tasso fosse più alto, MPS fallirebbe senz'altro: già così appare difficile evitare la nazionalizzazione, visto che qualora MPS non producesse utili a sufficienza (circa 400 milioni all'anno) dovrebbe pagare gli interessi direttamente in azioni, diventando così sempre più proprietà dello stato. Tuttavia, è anche vero che non esistono procedure automatiche per stabilire qual è il tasso di remunerazione adeguato. La Commissione Europea, tramite il commissario alla concorrenza, deve stabilire se il tasso dei Monti-Bond è paragonabile a quello ottenuto sul mercato da aziende in una condizione simile a quella MPS. In questo senso, agisce a salvaguardia della concorrenza fra aziende e quindi in un'ottica di regole condivise e, a mio parere, giuste. Richiede quindi che il piano finanziario di MPS sia più solido, il che tradotto in moneta vuol dire: 1) chiedere soldi agli azionisti tramite un aumento di capitale 2) pagare meno i dipendenti e licenziarne qualcuno 3) non rimborsare interamente i prestatori tramite obbligazioni.
Il Tesoro, dal canto suo, non vuole sopportare i costi (economici e sociali) di un fallimento di MPS, e non vuole imporre troppi sacrifici a dipendenti, azionisti e prestatori; cerca quindi di convincere la Commissione che il tasso del 10% è adeguato alla struttura finanziaria corrente. Del resto, col mercato finanziario praticamente fermo, è impossibile capire quale sarebbe il tasso di mercato, anche se appare chiaro che il tasso sarebbe più alto per il solo fatto che MPS non ha trovato altri prestatori se non lo Stato Italiano stesso.
 
Come in tutte le trattative, è probabile che si giunga ad un accordo intermedio. Verrà plausibilmente chiesto un sacrificio a dipendenti, azionisti e prestatori di dimensioni inferiori rispetto a quanto richiesto dalla Commissione Europea, e non verrà aperta alcuna procedura di infrazione. Il problema vero rimarrà la sostenibilità finanziaria di MPS: un miraggio se l'economia non riparte, un compito difficile e oneroso se la crescita economica si mantenesse debole. La nazionalizzazione rimane un'ipotesi tutt'altro che remota.
 
 

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Docente di matematica finanziaria all'Università di Siena