La Pizzeria La Pergola si trova in uno dei borghi più belli della Toscana, Radicondoli (Siena), raggiungerlo non è facile, va cercato e desiderato ma la strada è talmente bella che ti prepara l’animo per poterne godere appieno. Una perla dove si respira ancora l’atmosfera di altri tempi così come nella terrazza della Pergola che domina dei tramonti mozzafiato sul paradiso toscano. Sarà la bellezza dei questi scorci ad ispirare Tommaso, pizzaiolo artista, che grazie alla sua sensibilità ha scelto la strada della ricerca, e della condivisione del bello e del buono. Si perchè le sue pizze capolavoro infatti sono fatte per essere degustate tutti insieme, come piace a me, il buon cibo è convivialità e condivisione ed allora è bellissimo ordinare la pizza nel padellino con burrata crudo di gamberoni di Mazara del Vallo e pistacchi di Bronte o scamorza affumicata, cime di rapa e soppressata o le altre “gourmet” colorate con ingredienti ricercatissimi e abbinamenti unici come le acciughe del Mar Cantabrico, il pomodoro San marzano dop e burrata pugliese; tutte rigorosamente  abbinate ad olii italiani selezionatissimi. E poi giocare a sporcarsi le mani passandosi spicchi di bontà, sapori schietti come Mauro, il babbo di Tommaso, e soprattutto “Ghigo”, il fratello, che con grande personalità e simpatia dispensa coccole in sala. Qui la pizza è la regina della tavola, secondo me i segreti dei suoi capolavori non sono il lievito o la farina ma la passione e l’amore per questo lavoro, perchè la più grande soddisfazione è veder tornare gli ospiti abituali che ormai sono una grande famiglia e non possono più fare a meno di sapori e profumi fantastici e sempre nuovi. Come in ogni favola che si rispetti, anche in questa c’è una principessa (Silvia, sua moglie), che con grande competenza e pazienza lo sostiene e lo segue nelle difficoltà giornaliere perchè il percorso della qualità e della ricerca è in salita e pieno di curve come la strada per raggiungerli a Radicondoli. Sedersi a tavola alla Pergola a Radicondoli è cibo per l’anima.  

A “chiacchiera” con il pizzaiolo Tommaso Vatti della Pergola per scoprire la storia ma anche i segreti di questa pizza straodinaria premiata anche dal Gambero Rosso.

Come nasce il piazzaiolo creativo?

Sappi intanto che io e la pizza fino al momento in cui io e mio fratello abbiamo deciso di intraprendere l’avventura ben 19 anni fa eravamo conoscenti solo a tavola. Mai avevo messo le mani in pasta fino a quel momento. Inizialmente interpretavo il lavoro di pizzaiolo come un lavoro diverso da quello che facevano i miei coetanei, tutti laureati. Io ero l’unico strano della generazione che invece di studiare avevo gia le redini in mano di una cosa forse più grande di me, La Pergola. Ok gli anni passano più o meno veloci, portando avanti la tradizionale pizza che veniva servita in questo locale da oltre 25 anni riscuotendo enormi successi. I tempi erano comunque diversi non solo sul fronte di presenze e lavoro (oggi credo che lavoriamo molto più di 15 anni fa) ma soprattutto facevo parte di un tipo di pizzaiolo autodidatta, poco informato sui prodotti utili per un buon topping, poco informato sul fronte farine, molini. Il tempo passa, la pizza stesa a mattarello era ottima, il lavoro marciava oramai in sesta piena però..

La svolta?

Tre anni fa decisi di iscrivermi a un vero corso per pizzeria, il primo ovvero “la pizza senza lievito aggiunto” presso la scuola del molino Quaglia. Entusiasta dell’esperienza e del gruppo che avevo conosciuto decido di rovesciare il lavoro fatto per tutti quegli anni, stravolgo un alimento che tutto il circondario e oltre ammirava per le sue dimensioni, la sua croccantezza e la sua semplicità. Lavoro un’estate senza neppure provare in laboratorio i nuovi impasti, le nuove lievitazioni, le nuove maturazione e le nuove farine. Comincio ad apprezzare il fatto che facendo dei calcoli e ricette basate su idratazione, abbinamenti di farine e varie tipologie di ingredienti, la mia pizza stava cambiando e stava cambiando anche il mio modo di viverla. Cominciai a diminuire in maniera drastica la quantità di lievito di birra, ero arrivato a mettere per 1 kg di farina 0,60 grammi cosa che un comune pizzaiolo ne usa 5/8 grammi per ogni kg di farina il tutto ottenendo risultati sorprendenti. Appesi il mattarello al chiodo e cominciai a stendere a mano come tradizione vuole. In autunno dello stesso anno (si parla del 2015) mi iscrivo all’università della pizza del molino quaglia e mi si apre un mondo. Inutile dire la carica positiva che riesco a trasmettere in quel periodo, le sensazioni, le amicizie, o poi farine, pomodori, lievitazioni, padellini, teglie. inizialmente faccio fatica ad esprimere quello che in pochi mesi avevo cercato di imparare. Imparare sulla carta è un conto, imparare praticando tutti sappiamo che è un altro. Decido cosi di entrare nella testa dei clienti abituali cercando di dimostrar loro che io cerco di mettercela tutta per stravolgere un prodotto che fino a quel momento era visto come sempre, semplice ed economico. Comincio a lavorare esclusivamente con farine macinate a pietra di grano tenero, né grani antichi né farine 0 oppure 00. Mi concentro sulla pizza contemporanea, la novità, quella tanto discussa ma che in pochi riescono a esprimerne il concetto. I miei clienti senza accorgersene diventano le mie cavie che di volta in volta assaggeranno una pizza diversa nei dettagli. E qui nasce la mia interpretazione di pizza. Ovvero. I miei impasti sono un continuo fermento di prove e controprove, in fase di lievitazione, maturazione e stesura. Lascio perdere per qualche periodo il topping il quale solamente in un secondo momento cercherò di aggiustare. Mi baso sul sentito dire, sulle chiacchere delle persone, sulle lamentele e sui commenti positivi. Mi rendo conto che la mia intenzione di far diventare un prodotto meno semplice e meno economico sta prendendo forma.

In che senso meno semplice e quindi meno economico?

Meno semplice perche lievitazione e maturazione passano da una fase di sviluppo giornaliero a una fase dove i tempi si allungano dalle 30 alle 50 ore. Le farine integrali hanno bisogno di maturare bene e di assimilare l’acqua che viene data loro in maniera semplice senza forzature. La parte della crusca ha bisogno di sprigionare i sapori del grano, gli zuccheri hanno bisogno di diventare da complessi a semplici. E cosi nasce il mio progetto dove il cliente insieme a me interpreta la pizza come un prodotto non standardizzato ma in continuo movimento evolutivo. Nasce la pizza degustazione ovvero, la pizza che si divide tra i commensali facendo in modo da farla diventare la regina della tavola, è lei la prima donna. Comincio a sbizzarrirmi sui prodotti da condimento, seguo l’andare delle stagioni in base alle verdure da utilizzare, cerco di interagire con la cucina popolare toscana. Il progetto adesso è completo, non rimane che continuare a creare prodotti sempre più all’avanguardia sul fronte nutrizionale e salutare. Iniziano i rapporti veri con i produttori veri, i presidi slow food, il prodotto 100% italiano garantito proveniente da agricoltura sostenibile. Aggiungo alla carta la pizza al padellino rivista e reinterpretata a piacere mio, le pizza in pala e la pizza 100% integrale. I clienti godono al fatto che ogni volta che si siedono a tavola si aspettano la sorpresa, si aspettano di assaggiare casomai un’impasto sperimentale e dopo averlo mangiato e gli dico casomai che mi hanno fatto da cavia si sentono parte integrante del mio lavoro. Chiaramente ci sono state pure le delusioni, ma anche queste fanno parte della crescita. Ecco l’interpretazione di pizza che mi hai chiesto, “rendere partecipi i clienti al mio progetto rendendoli degustatori ufficiali di un prodotto che non è e non sarà mai lo stesso del giorno prima”. Il mio maestro Morandin mi ha donato la sua pasta madre viva ricordandomi che anche lei come noi subisce sbalzi di umore, sente il mio nervosismo tra le mani e quindi è come gestire un ragazzo che da essere in forza può diventare anche stanco e poco performante. Chi lavora con pasta madre viva sa certe cose, ma se si fanno con il cuore certe cose diventano pane quotidiano, il succo del discorso e il senso del lavoro.

E adesso quale sarà il prossimo passo?

Sarà quello di raccontare i miei anche seppur pochi saperi a chi si addentra nella macchia dei lievitati. Il senso logico della cucina moderna è secondo me il saper dire sempre la verità su come si lavorano e si trattano i prodotti, solo cosi facendo in un futuro spero non troppo lontano sapremo apprezzare in pieno il vero senso del cibo in tutte le sue forme. I pizzaioli diventeranno i nuovo cultori del saper sfruttare bene le proprieta dei grani e l’importanza di mangiare determinati prodotti e di lasciar perdere altri. La cultura sarà la vera cura in questo campo. Mi sarò sicuramente divulgato troppo e forse poco avrai capito di come io interpreto la pizza. Il cliente che si siede al nostro tavolo sarà considerato il degustatore di un prodotto con mille sfaccettature che non sarà mai uguale ma sarà sempre in continuo fermento evolutivo comprensivo di errori e successi.

 

 

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