storie-mondiali-di-buffaC’è un piccolo-grande fenomeno mediatico che si chiama “Storie Mondiali”. Va in onda su Sky sport e lo cura Federico Buffa. Le migliori cose in tv le sta facendo lui, ed anche stavolta ha fatto bingo: con queste monografiche che sono dei pezzi di autentica bravura. Ha parlato dell’Uruguay del ‘50 e dell’Argentina di Maradona. Dell’Inghilterra del ‘66 e della grande Olanda.

Siccome è una cosa bella, hanno pensato di replicarla persino su SkyArte: un canale che di solito si occupa di Wagner. O di Rembrandt.

“Storie Mondiali” ha un modo di raccontare calcio che è pura affabulazione: non è solo chi vince e chi perde. E’, piuttosto,  come si vince e come si perde. Si parla di vita, di storie e di personaggi. Di goal e partite leggendarie.

Tipo Sfide, su Raitre, ma confezionato meglio, e con tanta più raffinatezza.

E’ teatro (e letteratura) applicato al football, e viceversa. Persino uno dai gusti difficili come Aldo Grasso, sul Corriere della Sera, ha dovuto alzare bandiera bianca: «questo è il miglior prodotto televisivo degli ultimi dieci anni», ha scritto.

 

Federico Buffa, poi, è un personaggio magistrale. Uno snob, nel senso più bello del termine. A Sky nasce come esperto del basket NBA insieme a Flavio Tranquillo: telecronache spettacolari, in linea con le gesta di quei fuoriclasse sublunari.

Litigò di brutto (dicono), quando lo piazzarono come opinionista nel programma pomeridiano della D’Amico: quello dove si commentano i risultati in attesa che prima o poi arrivi Mazzarri (o Gasperini) a dire che l’arbitro era un cornuto.

Lì dentro, Buffa era sprecato. Come avere Pavarotti e utilizzarlo come corista nel ballo del qua qua. Così si è ritagliato questo spazio: le sue “Storie Mondiali” affascinano. Soprattutto, regalano l’idea di quale miniera d’oro possa essere lo sport, se si trova la chiave giusta per raccontarlo.

In America, certi spettacoli vanno a Broadway e ci stampano tre anni filati di “sold out”. In Italia, siamo fermi a Oronzo Canà e alla pur leggendaria Longobarda di Aristoteles.

Ma il vento sta cambiando.

E il merito è anche (e soprattutto) di Federico Buffa. Clap clap, maestro.

 

 

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