Continua a fare discutere a Siena il Drappellone dipinto da Gian Marco Montesano per il Palio straordinario del prossimo 20 ottobre celebrato per ricordare i cento anni della fine della Prima guerra mondiale. Subito dopo la presentazione, domenica pomeriggio, che aveva riscosso applausi scroscianti nel cortile del Podestà, si è scatenata sui Social la polemica. L’immagine simbolo del dipinto, infatti, risulta essere una copia di una fotografia del 2014 che ritrae un soldato austriaco in partenza per la guerra. “L’arte contemporanea è fatta di copie” ha detto oggi a La Nazione il sindaco di Siena, Luigi De Mossi, provando così a stoppare le polemiche. Ma oggi con l’intervento di Pierluigi Piccini il dibattito diventa anche politico.

di Pierluigi Piccini

L’autore del drappellone, Gian Marco Montesano, almeno ha avuto il buongusto, durante la presentazione del drappellone, di non proferire parola, stretto nella giacca tirolese, ovvero austriaca, come austriaca è l’ispirazione del dipinto, tratto da una foto che ha come soggetto un militare nemico. Del resto se tra tanti bozzetti è stato scelto proprio quello di Montesano, pittore dedito – pare – alla creazione di “copie d’autore”, la responsabilità non è certo sua.

Il sindaco part-time stavolta l’ha fatta grossa: il cencio che sarà dato in premio alla Contrada vittoriosa della carriera straordinaria celebrativa della vittoria della Prima Guerra Mondiale, è privo di quell’anima che i senesi avrebbero voluto trovarvi. Non c’è un segno, un simbolo che richiami la fine della Grande Guerra, che fu sì vinta, ma fu anche una immensa tragedia per il nostro Paese. Il patriottismo è stato messo sotto i piedi dal sindaco populista: in questo Palio non c’è niente di senese, tranne gli obbligatori simboli delle contrade e della città. È vero, ai contradaioli interessa vincere: ma questo drappellone, pittoricamente di una modestia indicibile, altro non pare se non l’emblema della vuotezza di una giunta.

Questa è un’amministrazione insipida, che molti senesi in buona fede hanno creduto potesse difendere i loro valori, dandole l’onere e l’onore di governare la città. Una copia, forse, si può sempre fare. Tuttavia, ridurre il Palio a un’imitazione di una foto del 2014 (che ricostruisce una possibile scena dell’epoca), non ha niente a che fare con la vittoria italiana del 1918. Anzi, raffigura un soldato nemico di allora. Così si sminuisce il valore della festa (con buona pace di Assoarma) che orgogliosamente, da secoli, celebriamo. Francamente il sindaco part-time, del presunto “cambiamento”, se lo poteva (e ce lo poteva) risparmiare. E poi, quale cambiamento? Siamo passati da un pensiero unico ad un altro, senza contenuti, senza quello spirito di liberalità e di civismo che era stato promesso, ingannando gli elettori.

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