La drastica riduzione delle giornate di pesca a circa 130 all’anno mette a rischio il futuro della flotta a strascico in Toscana, il segmento più importante per occupazione e produzione ittica.

E’ quanto denuncia Coldiretti Impresapesca, in merito ai contenuti del decreto della Direzione Generale della Pesca e dell’Acquacoltura del Ministero delle Politiche agricole che impone un nuovo taglio all’attività di pesca nei mari italiani colpendo un settore che ha già pagato un conto da 500 milioni di euro all’emergenza Covid per effetto di produzione invenduta, crollo dei prezzi e chiusura dei ristoranti, assieme alle forniture di pesce italiano sulle tavole aprendo  un varco sempre più ampio alle importazioni dall’estero.

“Le catture più importanti della flotta da pesca toscana riguardano il pesce azzurro, in particolare sarde ed acciughe mentre tra gli altri pesci vengono catturati naselli, triglie, sugarelli, boghe e cefali. Oltre il 25% dell’offerta nazionale di sarde proviene dall’attività di pesca esercitata in Toscana. I quantitativi dell’itticoltura regionale incidono per il 5% sulla produzione nazionale, con 1600 imprese e 25 milioni di euro di fatturato che corrono il forte rischio di vedere aggravare la crisi che le marinerie toscane stanno vivendo a causa dell’emergenza Covid”, afferma Fabrizio Filippi, presidente di Coldiretti Toscana.

Con la riduzione delle uscite della flotta nazionale operante con sistemi a traino – sottolinea Coldiretti – le giornate di effettiva operatività a mare passano a non più di 130/160 gg. di media all’anno. Un numero di giornate che varia da zona di pesca a zona di pesca (Gsa) e dimensione delle barche e che rende non più sostenibile l’attività di pesca per la flotta nazionale,  considerata anche l’assenza di sostegni  e di ammortizzatori capaci di rendere sostenibile le interruzioni e l’economica delle imprese.

Coldiretti-Impresapesca chiede che, con l’insediamento del nuovo Ministro, si possa, nel più breve tempo possibile, affrontare il problema delle giornate di pesca, rinegoziando la riduzione delle giornate di pesca oppure dando le opportune coperture di sostegno alle imprese costrette alla inattività.    Va infine valutato il danno che tale restrizione sta causando a tutta la filiera ed alle imprese che operano a monte ed a valle della produzione.   Novità del Decreto, contestate delle imprese del settore, sono la scelta irrevocabile per l’anno 2021 dell’utilizzo esclusivo dell’attrezzo.

Gli operatori lamentano che siamo difronte solo a restrizioni senza efficaci sostegni in materia di sostenibilità economica e sociale, con una flotta che ha ormai un età media che si avvicina a 40 anni ed addetti che hanno un età media interno ai 51 anni, a fronte di una mancanza di supporti comunitari alla flotta e senza un valido sistema di ammortizzatori sociali per i lavoratori è inutile sperare in un rilancio.

Una misura che impatta sulla sopravvivenza delle 12mila imbarcazioni italiane – ricorda Coldiretti – ma anche sulla salute dei cittadini poiché con la riduzione delle attività di pesca viene meno anche la possibilità di portare in tavola pesce Made in Italy, favorendo le importazioni dall’estero di prodotti ittici che non hanno le stesse garanzie di sicurezza di quelle tricolori.

Il consumo pro capite degli italiani è di circa 28 kg di pesce all’anno, superiore alla media europea ma decisamente basso se confrontato con quello di altri Paesi che hanno un’estensione della costa simile, come ad esempio il Portogallo, dove se ne mangiano quasi 60 kg, praticamente il doppio.

 

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