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FIRENZE – I disturbi dello spettro feto-alcolico (FASD) rappresentano oggi la prima causa di disabilità intellettiva nei bambini nei paesi a alto tenore economico, con un impatto sanitario e sociale di grande rilievo anche in Italia e specificamente in regioni come la Toscana.

Ogni anno nel mondo nascono circa 120.000 neonati a rischio di sviluppare questi disturbi, mentre in Italia si contano quasi 2.500 casi annuali.

La sindrome feto-alcolica si caratterizza per malformazioni facciali tipiche, microcefalia, deficit di crescita e ritardi neuropsicomotori. A livello globale, la sua incidenza oscilla tra lo 0,5 e i 3 casi ogni 1.000 nati vivi, ma se si considerano tutti i disturbi correlati all’esposizione prenatale all’alcol, la diffusione coinvolge circa l’1% della popolazione mondiale.

La Società italiana di neonatologia (SIN) ricorda che i disturbi dello spettro feto-alcolico sono completamente prevenibili con l’astensione totale dal consumo di alcol durante la gravidanza. Tuttavia, un problema cruciale risiede nella convinzione, diffusa tra molte donne, che un consumo moderato – anche di vino o birra – non possa arrecare danni al feto. Luigi Memo, segretario del Gruppo di studio di Genetica clinica neonatale della SIN, sottolinea come questa pericolosa sottovalutazione persista nonostante le evidenze scientifiche.

Nel contesto italiano, i dati sono preoccupanti. Un’indagine del 2020 ha rilevato che il 66% delle donne in età fertile aveva assunto alcol, con un trend in aumento soprattutto tra i giovani, anche per quanto riguarda il binge drinking. Questo quadro è aggravato dal fatto che molte gravidanze non sono pianificate, esponendo così inconsapevolmente il feto all’alcol.

Dati più recenti del 2022, raccolti dal Sistema di sorveglianza bambini 0-2 anni, indicano che il 15% delle gestanti ha consumato alcol durante la gravidanza, con una maggiore incidenza nelle regioni del Centro-Nord Italia, Toscana compresa. Il consumo di alcol durante l’allattamento è addirittura più diffuso, con tassi attorno al 18% in alcune aree come Toscana ed Emilia-Romagna.

Per fornire un quadro più accurato sul fenomeno, il Ministero della Salute ha recentemente rifinanziato un progetto biennale all’Istituto Superiore di Sanità (ISS) dedicato alla salute materno-infantile. Tra gli obiettivi principali è previsto il monitoraggio del consumo di alcol in gravidanza nelle donne tra i 18 e i 24 anni, un segmento di popolazione particolarmente a rischio.

L’appello è dunque chiaro: la prevenzione passa soprattutto dalla corretta informazione e dalla consapevolezza del rischio legato all’alcol in gravidanza, soprattutto in regioni come la Toscana, dove i dati mostrano un consumo ancora troppo diffuso. Solo così sarà possibile ridurre l’incidenza di questi gravi disturbi e proteggere la salute delle future generazioni.