La povertà incide per il 5,2% sulle famiglie toscane che dal 2008 al 2011 hanno ridotto il loro reddito reale del 2,6%, mentre cresce disagio sociale e disoccupazione. E’ la fotografia emersa dal secondo Rapporto sull'esclusione sociale in Toscana, realizzato dalla Regione attraverso l'Osservatorio sociale regionale e la Rete degli osservatori provinciali.
 
La Toscana piegata dalla crisi L'incidenza della povertà relativa tra le famiglie toscane nel 2011 ha toccato il 5,2%, uno dei valori più bassi a livello nazionale. Per anni la Toscana e' stata considerata regione “mediamente benestante” con un reddito pro-capite superiore alla media. Ma dall'inizio della crisi (2007) la situazione e' peggiorata, mettendo in evidenza alcune debolezze strutturali: crisi del manifatturiero, scarsa propensione ad investire in innovazione, contrazione dei consumi. Dal 2008 al 2011 il reddito reale delle famiglie toscane si e' ridotto del 2,6%, varie le cause: perdita di lavoro, sia in termini di posti (-22 mila) che di ore, e distribuzione del lavoro in forme meno redditizie (cassa Integrazione guadagni, lavoro part-time, contratti atipici e forme di auto-impiego). Nel quadriennio sono peggiorati tutti gli indicatori occupazionali: disoccupati cresciuti del 29%, e occupati part-time del 6%, tasso di disoccupazione al 10%, in aumento anche il tasso di inattivita' tra le donne e tra i giovani, il tasso di disoccupazione giovanile (25%) e coloro che non cercano lavoro ne' studiano, i 'neet'. Fino al 2010 ammortizzatori sociali e patrimonio accumulato dalle famiglie hanno attutito gli effetti ma la spirale recessiva innescata nel 2011 ha in parte vanificato la capacita' di questi strumenti di compensare gli effetti destabilizzanti su famiglie e imprese. Se a cio' aggiungiamo le misure di spending review adottate dalla pubblica amministrazione, l'irrigidimento dei criteri di accesso al credito privato e l'erosione dei patrimoni familiari arriviamo alle previsioni infauste per il 2012: caduta del Pil regionale di -1,7% e conseguente riduzione dell'occupazione di altre 20 mila unità.
 
I numeri dell’Italia L'indagine fornisce un quadro conoscitivo approfondito su servizi e strutture che sul territorio toscano si occupano di contrastare il fenomeno della povertà alimentare, uno degli effetti della crisi che negli ultimi anni sta mettendo in difficoltà un numero sempre maggiore di famiglie, costrette ad affidarsi alla rete di associazioni ed enti che operano in questo settore. L'indagine fa il punto sulla difficoltà crescente da parte delle famiglie italiane, sempre piu' costrette ad eliminare, piu' che a ridurre, le spese legate a voci non strettamente necessarie e, per quanto riguarda la spesa alimentare, a cercare strategie di risparmio (in 6 anni sono piu' che raddoppiate quelle che vanno all'hard discount, toccando il 20%, e piu' di 2 su 3 hanno modificato quantita' o qualita' dei prodotti acquistati). L'Istat ha stimato nel 2011 2,8 milioni di famiglie in condizioni di poverta' relativa, circa 8,2 milioni di individui. La poverta' assoluta nel 2011 ha riguardato il 5,2% delle famiglie, 3,4 milioni di residenti, in crescita rispetto al 2010 (4,6%). In Italia circa la meta' della spesa sociale (in termini assoluti e' il valore piu' alto fra i Paesi Ue) e' assorbita dalla protezione della vecchiaia; risorse residuali sono dedicate al sostegno delle famiglie, alla disoccupazione e al contrasto delle condizioni di poverta' ed esclusione sociale.
 
Lotta alla povertà L'indagine sulle strutture che si dedicano al contrasto della poverta' alimentare e' stata condotta attraverso un questionario on-line, cui hanno risposto 75 organizzazioni. Rispetto all'indagine on-line, sono prevalenti le associazioni di volontariato (61,3%) e gli enti di tipo religioso (25,3%). Piu' di recente hanno iniziato a svolgere questa attivita' anche soggetti del privato sociale (associazioni di promozione sociale e coop sociali). Piu' di un quarto sono dislocati in provincia di Firenze. La maggior parte, 8 su 10, opera in comuni di dimensioni medio-grandi. Circa un quinto dei soggetti ha iniziato l'attivita' prima degli anni '90, soprattutto quelli appartenenti a enti religiosi e ad associazioni cattoliche. Tra gli anni '90 e 2000 si colloca invece circa la meta' dei soggetti. Oltre il 90% delle organizzazioni intervistate ha dichiarato di gestire soprattutto casi di persone inviate o segnalate dai servizi sociali dei comuni. Questo avviene soprattutto da parte di quei soggetti che offrono servizi strutturati secondo giorni e orari stabiliti, a testimonianza del legame che nel tempo si e' creato tra servizi pubblici e soggetti del volontariato e associazionismo, considerati una componente strategica del sistema di welfare locale preposto al contrasto della poverta'. L'indagine ha anche messo in evidenza le criticita' sorte nel rapporto con gli enti locali: mancanza di procedure di segnalazione degli invii, scarsa progettualita' condivisa, riduzione del sostegno finanziario. Riguardo al finanziamento dei servizi, in prevalenza avviene con risorse proprie o ricorrendo a specifiche azioni di fund raising (60% dei casi

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