Si chiama “Arcipelago pulito” ed è il progetto che permette ai pescatori di Livorno di portare in porto i rifiuti in plastica pescati, destinarli al riciclo e così contribuire a liberare l’ambiente marino dalle plastiche. Dal 13 aprile il progetto è entrato nel vivo e da quattro giorni una mezza dozzina di barche della cooperativa labronica, poi saranno una decina, tornano in porto cariche di pesce e plastica. Per ciascuna stimano una ventina di chili di rifiuti ogni giorno. Il progetto di coinvolgere i pescherecci è nato da un suggerimento della Fondazione Angelo Vassallo, il sindaco pescatore di Pollica, nel salernitano, ucciso dalla criminalità organizzata nel 2010.  «Un esperimento che può diventare un modello, che fa bene all’ambiente ma anche all’economia – spiega l’assessore alla presidenza della giunta toscana, Vittorio Bugli –  Non è infatti solo un progetto sperimentale. Abbiamo visto che è utile, funziona e ha senso pratico. Certo ora va strutturato e reso ancora più efficace, ma è già un esempio di economia collaborativa e circolare, un tema al centro dell’agenda di questa giunta regionale».

Dal mare allo smaltimento Il progetto si basa sull’accordo siglato tra la Regione Toscana, il Ministero dell’ambiente, l’Unicoop Firenze e numerosi altri soggetti, da Legambiente all’Autorità portuale del Mar Tirreno Settentrionale, da Labromare che è la concessionaria per il porto di Livorno per la pulizia degli specchi acquei portuali alla Direzione marittima della Toscana, fino l’azienda di raccolta dei rifiuti Revet e la cooperativa appunto di pescatori. Ora ogni nave ha a disposizione un sacco dove raccogliere i rifiuti plastici, che al rientro in porto vengono depositati in un apposito contenitore sulla banchina, che Labromare poi svuota e porta in un impianto a Pontedera dove i rifiuti vengono analizzati e classificati per essere successivamente destinati al riciclaggio o allo smaltimento. L ‘esperimento durerà sei mesi e per ora interessa solo Livorno: trecento chilometri quadrati nel cuore dell’Arcipelago toscano e del Santuario dei cetacei, lungo la costa verso Grosseto. Ma nel prosieguo il progetto potrebbe essere replicato altrove: a Piombino, all’isola d’Elba e Capraia, forse anche fuori Toscana. In Italia del resto è un progetto di assoluta avanguardia: nel mondo di simili ce ne sono solo in Canada e nord Europa.

250 miliardi i frammenti di plastica nel Mediterraneo Quello dell’immondizia del mare è un problema grave e globale: si stima che nel mondo ogni anno si producano 280 milioni di tonnellate di plastica, nel 2050 saranno il doppio e una parte non trascurabile finisce nelle acque marine, con danni incalcolabili per flora e fauna. Il Mediterraneo è particolarmente esposto al pericolo, visto che si tratta di una mare semichiuso in cui sboccano numerosi fiumi che trasportano anche tanti rifiuti; si pensa che siano almeno 250 miliardi i frammenti di plastica al suo interno e alcuni studi fatti sul mar Tirreno ci dicono che il 95 per cento dei rifiuti galleggianti avvistati, più grandi di venticinque centimetri, siano di plastica, il 41 per cento di questi costituiti da buste e frammenti. Statisticamente ogni chilometro quadrato si trovano più di tredici di questi grandi rifiuti – in alcuni bracci di mare possono arrivare ad essere anche tre volte tanto – e molti rimangono per l’appunto impigliati nelle reti dei pescatori. Soprattutto dopo qualche temporale.

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