Ci sono anche cinque complessi residenziali in provincia di Siena tra i beni sequestrati a Francesco Zummo, imprenditore edile, accusato di essere «a disposizione di Cosa nostra fin dai tempi di Riina e Provenzano per il riciclaggio di denaro nel settore edilizio», affermano i magistrati.

Quel legame con Suvignano La Dia di Palermo su disposizione della Corte di Appello del capoluogo siciliano, ha eseguito un sequestro e una contestuale confisca dell’intero patrimonio di Zummo tra cui undici aziende, centinaia di conti correnti e immobili costituiti da numerosi appartamenti, ville terreni e aziende agricole a Palermo e provincia, e nel senese. Zummo era il consuocero di Vincenzo Piazza anche lui imprenditore legato ad alcuni boss mafiosi, che nel senese ha legato il suo nome all’azienda agricola di Suvignano (Monteroni d’Arbia), che gli fu sequestrata nel 1996 grazie all’impegno di Giovanni Falcone. Dal 2018 l’azienda, considerata il bene più grande confiscato nell’Italia centrale, è stata affidata in gestione a Ente terre regionali toscane, in accordo con Regione Toscana e i Comuni di Monteroni d’Arbia e Murlo. Secondo i magistrati che indagano su Zummo «a partire dalla fine degli anni Sessanta, Zummo, con il consuocero Vincenzo Piazza (ritenuto consigliere della famiglia mafiosa di Palermo-Uditore) e con il defunto socio e suo fedele braccio destro Francesco Civello, fu tra i principali responsabili del sacco di Palermo, ordito da Vito Ciancimino, realizzando un impero edile di circa 2.700 immobili».

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