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Ci sono anche 7 chirurghi provenienti dall’area laziale tra i 15 avvisi di termine delle indagini emessi dalla Procura di Lucca – a cui si aggiungono altri 4 destinati a persone giuridiche – al termine delle indagini, svolte dalla Guardia di finanza lucchese per corruzione relativa all’impianto di protesti ortopediche in una clinica di Lucca, convenzionata con il Servizio sanitario nazionale che ha, di fatto, accertato l’esistenza di un sistema volto ad aggirare i limiti di spesa imposti dalla Regione.

Pazienti ‘extra-regione’ per aggirare i limiti di spesa L’indagine parte nel settembre 2017, con alcune decine di perquisizioni effettuate dai militari delle Fiamme gialle sia in Toscana, sia nel Lazio, coordinate con altre attività investigative dei militari milanesi e di Monza che avevano sviluppato un filone investigativo parallelo. In tali perquisizioni sono state messe sotto la lente di ingrandimento la documentazione sanitaria e commerciale, le comunicazioni informatiche che vi erano state tra gli interessati e che avevano avuto come oggetto degli interventi chirurgici, a carico del Servizio sanitario nazionale per l’impianto di centinaia di protesi ortopediche nella clinica lucchese ‘M.D. Barbantini’. Al termine delle indagini, la Gdf ha accertato che il responsabile commerciale della società romagnola che si occupa in Italia della commercializzazione delle protesi a marchio della multinazionale francese ‘Ceraver’, il suo con l’aiuto dei suoi collaboratori e l’approvazione dei vertici aziendali, faceva sì che gli ortopedici del Lazio eseguissero interventi chirurgici nella clinica lucchese. Poiché si trattava di ‘interventi ad alta complessità’ su pazienti di provenienza ‘extra-regionale’, questi potevano gravare sul bilancio della Regione Toscana senza alcuna limitazione, in quanto non venivano applicati i limiti di spesa che, invece, sono previsti per gli interventi su pazienti toscani.

Un sistema da cui tutti guadagnavano Il responsabile commerciale riusciva, in questo modo, a incrementare il fatturato societario e i compensi personali, anche sotto forma di provvigioni erogate dalla casa di cura per ogni protesi acquistata. I medici dell’area laziale, invece, vedevano moltiplicarsi le opportunità di lavoro e di guadagno, riuscendo, così, anche a ottenere dalla clinica compensi mediamente più elevati per ogni intervento, rispetto a quelli che venivano riconosciuti per interventi analoghi, ma effettuati su pazienti toscani. Inoltre, agli stessi medici venivano offerti sistematicamente dalla ‘Ceraver’ una serie di benefiti e servizi (da viaggi, a personal computer e rimborsi spese per convegni), alcuni dei quali proprio in corrispondenza degli interventi chiururgici (spostamenti dal Lazio alla Toscana, vitto e alloggio). Grazie a questa ‘fidelizzazione’, i medici ortopedici coinvolti, in occasione degli interventi chirurgici, si impegnavano a impiantare esclusivamente protesi della multinazionale francese. Questo meccanismo permetteva anche alla casa di cura di trarre importanti vantaggi economici, potendo erogare prestazioni sanitarie puntualmente rimborsate dall’Erario, anche a favore di pazienti extra-regionali.

Giro di 1,5 milioni di euro e il reato contestato Ai vari soggetti che hanno beneficiato da questo meccanismo sono stati contestati vantaggi economici, ottenuti a vario titolo, per circa 1,5 milioni di euro ed il reato che la Procura di Lucca ha contestato alle 15 persone fisiche – tra cui compaiono i responsabili della società romagnola, il rappresentante legale della società che in virtù di un contratto di affitto gestisce la clinica ‘Barbantini’ – e 4 giuridiche è quello previsto dall’articolo 318 del Codice Penale e cioè, corruzione per l’esercizio della funzione.

 

 

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