Negli ultimi tre anni la Toscana è la prima regione in Italia, dopo quelle a presenza storica di mafie – Campania, Calabria e Sicilia -, per arresti o denunce con l’aggravante del metodo mafioso. E secondo il Rapporto sulla criminalità organizzata in Toscana realizzato dalla Normale di Pisa, presentato a Firenze, sono state 223 le persone coinvolte, oltre il 30% del totale nazionale al netto delle tre regioni ‘storiche’. Grosseto, Livorno, Prato e Massa Carrara sono le province a più alto rischio di penetrazione mafiosa. Crescono in regione i danneggiamenti per incendio, gli attentati e le rapine in banca. Per denunce di estorsione Livorno è tra le prime in Italia per tasso di crescita annuale. Prato svetta invece per riciclaggio. Secondo il Rapporto, i gruppi criminali «mirano ad un controllo più dei mercati che del territorio e frequenti sarebbero appunto gli scambi e i legami tra compagini criminali di origine differente, che fanno pensare a possibili integrazioni anche di natura organizzativa».

Terreno fertile in imprenditori e professionisti Nella sua vita un cittadino della Toscana su 20 è stato corrotto o concusso, o quantomeno ha subito un tentativo, con una media del 5,5% contro il 7,9% nazionale. «Rispetto alla corruzione – afferma la Regione – il settore urbanistico e del governo del territorio appaiono gli ambiti più vulnerabili. Anche la sanità è tra i più esposti, ma raramente si versano tangenti: la contropartita, rivela lo studio della Normale di Pisa, è più spesso quella di finanziamenti alla ricerca o di eventi, la sponsorizzazione o benefit personali». Secondo il rapporto spicca il ruolo di imprenditori e professionisti, mentre la presenza di attori politici risulta marginale. In circa la metà dei casi analizzati i destinati di favori sono dipendenti, funzionari o dirigenti pubblici. Sui fenomeni di criminalità organizzata «non siamo la Calabria ma c’è da stare preoccupati lo stesso – ha sottolineato il governatore della Toscana Enrico Rossi -. Non dobbiamo cullarci su opinioni diffuse che costruisce ad esempio la stampa, cioè che questa regione è sana e che il fenomeno mafioso è isolato o di nicchia, e quindi non è questione predominante. Se a Livorno si aprono le indagini perché vi passa un pezzo di traffico illegale della droga, vuol dire che un pezzo di tessuto locale vi è collegato, e se fosse» la Toscana «una regione così attenta, perché non è emerso» tale traffico illegale di droga «con il controllo sociale di cui ci onoriamo di avere?».

Situazione da non sottovalutare «Difendo la Toscana, credo che ci sia ancora un tessuto economico complessivamente sano, lo vediamo dalla reazione che abbiamo davanti a fenomeni criminali, e da cosa le nostre procure fanno emergere – ha proseguito Enrico Rossi -. Dobbiamo fare emergere con la conoscenza e la discussione politica la nostra economia sana e rendere i cittadini consapevoli, altrimenti l’emergenza della corruzione infetterà il tessuto della nostra regione. I segnali che arrivano da questo rapporto sono interessati. Non culliamoci, non pensiamo alla Toscana felix. Abbiamo deciso di creare questo rapporto per dare uno strumento alla società per dare un quadro su una situazione che deve preoccupare e che non va sottovalutata».

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