concordia_14.jpg«Non ho lasciato a Francesco Schettino la responsabilità» di gestire l’emergenza del naufragio al Giglio «ma gli lasciai autonomia» di agire e comunque «da lui non ho mai ricevuto una richiesta di prendere io da Genova le decisioni. E’ paradossale che ora dica di esser stato lasciato solo dalla compagnia». E’ quanto dichiara il capo dell’unità di crisi di Costa Crociere spa, Roberto Ferrarini in aula a Grosseto per essere sentito sulla notte del naufragio della Costa Concordia. Ferrarini, fleet crisis coordinator in servizio la sera del 13 gennaio 2012, in aula sta rispondendo alle domande del Pm Alessandro Leopizzi, commentando anche alcune dichiarazioni fatte dal comandante Francesco Schettino nella causa di lavoro che lo oppone a Costa in cui ha detto di esser stato lasciato solo nelle fasi del naufragio. «Il comandante Schettino – ha anche detto Ferrarini – mi disse di essere in contatto con la capitaneria di porto, quindi per me l’autorità marittima era già stata informata da lui». Ferrarini è considerato una figura-chiave per le comunicazioni telefoniche avute col comandante Francesco Schettino nelle ore successive all’urto contro gli scogli e rispetto alle decisioni prese nelle varie fasi dell’emergenza. Ferrarini, già indagato con Schettino, ha patteggiato nel luglio 2013 due anni e 10 mesi per omicidio plurimo colposo, lesioni plurime colpose e mancate comunicazioni alle autorità marittime. In aula è’ presente lo stesso Schettino, imputato unico del processo. Prima di aprire l’udienza, il Tribunale ha commemorato l’avvocato del Wwf Franco Zuccaro, scomparso di recente, impegnato nel processo per le questioni ambientali conseguenti al naufragio del Giglio e alla permanenza del relitto sui fondali dell’isola.

«Schettino voleva mentire alle auotirtà» «Schettino mi propose di dire alle autorità che a causa di un blackout aveva fatto una collisione. Ma io dissentii fortemente, mi arrabbiai. Era una cosa differente e falsa rispetto a quanto mi aveva raccontato prima, e cioè che aveva urtato uno scoglio e che la nave si era allagata». Ferrarini, nel corso della sua testimonianza, ha rivelato che Schettino gli propose di combinare insieme una versione dei fatti, diversa dalla realtà, da riferire alle autorità marittime. Una versione che desse la colpa del naufragio a un blackout a bordo cui sarebbe seguita la collisione, e non a un errore di manovra come invece accaduto. «Ricordo di aver reagito abbastanza male – ha anche detto Ferrarini – E ho condiviso la stessa reazione con i colleghi nella sala di crisi a Genova. In merito il Pm Leopizzi ha fatto ascoltare una telefonata tra Schettino e Ferrarini: Schettino, intercettato, parla di blackout, ma si sente che a un certo punto della conversazione recede dal suo disegno di convincerlo a dare una versione dei fatti alterata.

«Mai detto “Ci mangiano la nave”» «Lei l’ha mai pronunciata la frase ‘Ci mangiano la nave’, riportata da Francesco Schettino, quando le chiese di far intervenire rimorchiatori per la Costa Concordia?». «No, lo escludo». E’ stata questa la risposta di Ferrarini alla domanda del Pm che voleva capire se nell’emergenza erano emerse valutazioni di carattere economico-finanziario circa i costi che la compagnia avrebbe dovuto sostenere in caso di intervento di rimorchiatori, un’esigenza manifestata dallo stesso Schettino nei momenti del naufragio, ancora convinto di portare la Concordia a un ancoraggio. Leopizzi ha riportato affermazioni fatte da Schettino nella causa di lavoro che lo oppone a Costa spa: Schettino in quella causa disse di aver «palesato subito a Ferrarini la necessità di avere un rimorchiatore ma – parla ancora Schettino -, mi fu segnalato che ‘ci mangiano la nave’, così decisi di tenere un basso profilo parlando con la capitaneria di porto di black out, cosicché i contratti fossero i meno onerosi possibile per la società». Riguardo ai costi, ha aggiunto Ferrarini, «aver chiamato i rimorchiatori non avrebbe comportato nessun onere per la compagnia,solo al momento dell’utilizzo, 4-5 ore dopo dalla richiesta di intervento, avremmo stipulato il contratto, ma solo se effettivamente avessero effettuato l’intervento di traino».

La difesa di Schettino: «nessun accordo tentato» «Non credo che sia stato tentato alcun accordo, nè tanto meno lo si evince dalla registrazione telefonica da cui non si è compreso nulla, anche i periti fonici non hanno interpretato bene cosa viene detto. Non c’è nessun riscontro e comunque è una questione che non ha alcuna influenza a fini processuali». Lo ha detto in una pausa del processo l’avvocato difensore di Schettino, Domenico Pepe, a cui è stato chiesto un commento sul presunto tentativo di Schettino di accordarsi – nelle ore del naufragio – con il capo dell’unità di crisi, Roberto Ferrarini, per fornire alle autorità marittime una versione dei fatti diversa dalla realtà, in particolare riferendo che un blackout avrebbe causato la collisione contro gli scogli, anzichè una manovra azzardata vicino all’Isola del Giglio.

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