SIENA – ‘quel che resta’, 築地市場, Gyotaku Levante, a Palazzo Giorgi che, nella residenza al terzo piano con vista su Piazza del Campo, accoglie questa nuova esperienza artistica di Officina Parnaso: protagoniste quindici stampe di pesce di Elena Di Capita.

È l’incontro fra passato e presente, fra Oriente e Occidente; la trasformazione di un’antica tradizione giapponese in arte contemporanea, regalando ad un ambiente quotidiano la vocazione temporanea di galleria. ‘quel che resta’ è il secondo capitolo di Metamorfosi: il progetto, articolato nel tempo e nello spazio, di Officina Parnaso. E dopo l’inizio, poi la sospensione a causa dell’emergenza, la reazione con Arte Compressa, Taxi 27 figlio della pandemia, altre azioni, a Palazzo Giorgi Metamorfosi riprende il cammino interrotto e regala nuove situazioni.

«’quel che resta’ – commenta il sindaco Luigi De Mossi – appartiene al filone delle azioni private che incrociano le programmazioni istituzionali. Questo progetto, grazie all’apertura di Palazzo Giorgi e alla creatività di Officina Parnaso, contribuisce ad una maggior qualità del luogo e della vita delle persone, stimolando  una sempre maggiore abitudine all’esposizione artistica».

«Metamorfosi, attraverso differenti esperienze, adatta temporaneamente gli ambienti ad una nuova vita culturale – dice Fausto Jannaccone, presidente Officina Parnaso -. Questa volta, la home gallery temporanea nell’appartamento di Palazzo Giorgi racconta una particolare esperienza artistica: quella del Gyotaku che, espressione di un’importante tradizione, diventa anche testimone di uno spaccato dei cambiamenti della natura, in particolare, di alcuni ambienti marini. È ovvio che lo scenario che si apre sulla Piazza del Campo regala un surplus che aumenta il valore di questa azione». «‘quel che resta’ – osserva Emilio Giorgi – arricchisce la scelta, già avviata con altre precedenti esperienze artistiche, nel nostro Palazzo Giorgi che, per l’occasione, si apre al pubblico».

Le opere d’arte si mimetizzano tra gli oggetti quotidiani e diventano elementi di arredo delle stanze: un unicum dove i secoli vissuti e le grandi storie della Piazza del Campo incontrano tra le pareti domestiche l’euforia della creatività di Elena Di Capita. Il suo metodo, connubio tra arte contemporanea e sostenibilità, si ispira al procedimento giapponese Gyotaku. Questo processo, ideato nella prima metà del XIX secolo dai pescatori giapponesi per testimoniare le loro catture, è diventato una vera forma d’arte che Di Capita ha fatto propria. L’immagine impressa dall’animale sulla carta testimonia la sua storia, come accade quando una figura, un ritratto ferma nel tempo il ricordo di una persona.

«Rappresento gli animali del mio mare, il mar Ligure e il Mar Mediterraneo – spiega Di Capita -. Valorizzarli e offrire una seconda vita a questa incredibile biodiversità è un onore. Un gyotaku è quasi come consentire una possibilità di riscatto ai pesci. Studio le loro immagini per ricrearne i movimenti e quel senso di dinamismo incessante». Pesci, piccoli e grandi, che Di Capita ferma nelle sue stampe. «Mi piace pensare che nelle mie opere ci sia un punto di incontro tra l’eleganza del bidimensionalismo giapponese dei gyotaku e il dinamismo delle composizioni italiane ricche di chiaroscuri. Lo spettatore si sente catapultato in mezzo al mare circondato dai pesci. L’importanza del gyotaku grezzo è la bellezza dell’imperfezione, l’impronta lasciata essenzialmente dal pesce: le squame, le pinne si uniscono in concerto ai vuoti lasciati dalle differenze di piano e dalle macchie lasciate da eccessi di inchiostro. Non c’è l’intervento ‘artificiale’, come se il pesce fosse il pittore stesso che lascia la sua anima sul foglio di carta».

‘quel che resta’ sviluppa un ulteriore percorso: la valorizzazione delle analogie fra le opere che Di Capita realizza oggi con la tecnica del Gyotaku e la xilografia ‘Il Fiume dal Ponte’, 1800, di Katsushika Hokusai, l’artista giapponese più conosciuto in Occidente. Questa tavola, della serie ‘Toto shokei ichiran’ Belle vedute della capitale orientale a colpo d’occhio‘, rimanda alla vita di Tokyo quando era attraversata dagli uomini con in spalla panieri carichi di pesci che, dopo oltre due secoli, si ritrovano nelle opere di Di Capita.

Il Progetto Metamorfosi coniuga arte, ambiente e la sua tutela, sensibilizzando su problematiche collettive di grande rilevanza, analizzate con esperti del mondo scientifico accademico. Se ne parlerà con la professoressa Letizia Marsili, dipartimento di Scienze fisiche della terra e dell’ambiente, Università degli Studi di Siena.

Palazzo Giorgi è a Siena, in Chiasso del Bargello 5; fino al 20 marzo (www.officinaparnaso.it).

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