Immaginate una grande pentola piena d’acqua fredda, dentro vi nuota una rana, sotto viene acceso il fuoco, ma al minimo, così che l’acqua si scaldi, ma lo faccia lentamente. La rana nuota, non ha la percezione di quanto sta per accadere, anzi trova la temperatura dell’acqua piacevole e si abbandona, senza difese. Piano piano però la temperatura dell’acqua aumenta, la rana lo avverte, ma è indebolita e non riesce ad opporre resistenza. Finirà bollita. Questa metafora è stata utilizzata dal filosofo americano Noam Chomsky per descrivere quei cambiamenti che sono realizzati con una lentezza tale da risultare “insospettabili” persino in coloro che li subiscono e che – come ci ha ricordato Gavino Maciocco in un suo articolo su Saluteinternazionale.info –  ben si adatta a quanto è accaduto alla sanità, non solo regionale, ma anche nazionale e oltre.

Se la temperatura dell’acqua fosse stata alzata fin da subito la rana sarebbe schizzata via e il piano di traghettamento della sanità pubblica nelle mani del privato non sarebbe avvenuto o almeno non con queste modalità.

Se il governatore Enrico Rossi, ad esempio, alla vigilia del varo della riforma della sanità regionale  (la numero 28 del 2015) avesse annunciato un piano di lenta privatizzazione del sistema sanitario, anziché camuffare dietro la parola “razionalizzazione” i tagli al personale e ai servizi, l’aumento dei ticket e l’allungamento delle liste d’attesa, forse la settimana scorsa non avrebbe potuto dichiarare sul quotidiano La Stampa che «è necessario invertire la rotta».

«Lo lasci dire a me che ho conquistato sul campo la fama di “razionalizzatore”: a forza di tagliare e cercare la massima efficienza negli ospedali – che vuol dire personale ridotto all’osso – sulla sanità pubblica siamo vicini a un punto di rottura», ha spiegato il presidente della Regione Toscana (ex Pd ora in Mdp).

Quasi che si sia trattato di una svista o meglio di un’operazione condotta senza che nessuno abbia mai sollevato un dubbio sull’opportunità di realizzare quello che a tutti è apparso piuttosto, fin dall’inizio, un progressivo e inesorabile smantellamento di un sistema funzionante e che ha visto tagliare posti letto e personale, un utilizzo massiccio della mobilità e l’introduzione del precariato, la riduzione progressiva degli investimenti, la centralizzazione di soldi e potere (riduzione delle Asl da 12 a 3).

Invece, nessuno (Rossi non è l’unico ) ha mai parlato, in Italia, della volontà di convertire il sistema, passando dal pubblico al privato, che è ciò che sta accadendo (o è già accaduto?). Al contrario tutti si sono sempre sperticati nella difesa della sanità pubblica, lasciando che la rana inesorabilmente finisse bollita, senza sollevare nessun dubbio sui reali piani della politica regionale e nazionale.

Adesso Rossi viene a parlare della necessità di un’inversione a U, di un equilibrio precario che rischia di saltare a causa delle politiche di questi anni, quasi che non ci fosse  responsabilità alcuna da parte degli ultimi due governi per tali politiche. E quasi che tali politiche avessero ricevuto, negli anni, l’avallo di tutti, così da non suscitare mai un dubbio sulla loro fondatezza.

Rossi forse ha dimenticato tutti i cittadini, che in questi anni si sono mobilitati in difesa della sanità pubblica e dei territori marginali, denunciando inascoltati ciò che oggi è sotto gli occhi di tutti, che si sono adoperati nella raccolta referendaria per abrogare la riforma sanitaria toscana, quella licenziata in fretta e in furia senza nessun dibattito pubblico e che prometteva una rivoluzione epocale in sanità in termini di efficientamento e razionalizzazione. Forse ha dimenticato  tutti coloro che all’indomani dell’annuncio circa il suo piano di riforma, avevano già visto che i tagli ci sarebbero stati e che sarebbero stati dolorosi.

Ma i cittadini soffrono della stessa amnesia? Se prima l’intento di Rossi era elettoralistico, oggi l’intento è ancora elettoralistico. C’è chi ha il coraggio di tacciare di volontà strumentalizzatrice chi denuncia, racconta, prova a sollevare una voce fuori dal coro, prova a diffondere consapevolezza sulla reale condizione in cui versa la sanità oggi, contando sullo scontento e l’inerzia ideologica delle masse, troppo stanche dai soliti proclami per opporre l’unica resistenza realmente efficace, informarsi e informare. Più facile, certamente lasciarsi sedurre dalle sirene dei soliti imbonitori o di chi si appresta ad intraprendere la solita carriera, entusiasta dei risultati di quegli altri.

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