Le valli conservano il fascino della natura di sempre. Ciononostante rimandano un senso di solitudine spettrale. Attraversandole, un vuoto penetrante ne caratterizza la percezione. L’assenza dell’uomo, per le strade, nei campi, nei bar di paese a giocare a briscola, a commentare il notiziario, a controllare il campo da caccia. Tordi, colombacci, fagiani costeggiano sicuri i cigli delle strade. Anche le pecore hanno ripreso confidenza con la strada, subito dopo una curva sulla provinciale che da Chiusi porta a Chianciano Terme. Siamo in Valdichiana, in provincia di Siena, e una grossa pecora con il carico di lana indosso esplora la segnaletica stradale, come per capire dove recarsi senza pastore. L’unica presenza umana è quella che si incrocia fuori dalle botteghe e dei supermercati. Persone in fila, distanziate, in guanti e mascherina. Processioni silenti, corpi fermi che sembrano sbigottiti. Il ritmo è rotto dal passaggio rapido di un’ambulanza silenziosa, coi lampeggianti accesi, in soccorso a chi ha bisogno di cure, ossigeno, medicine, ricovero in ospedale nella più drammatica delle ipotesi. Di questi tempi si parte senza affetti al seguito, per un viaggio che può essere di sola andata, per la rianimazione dell’ospedale San Donato di Arezzo, o Le Scotte a Siena. Un furgone bianco, anonimo, i cui passeggeri che scendono si muovono con un ritmo inusuale per questi tempi attira facilmente l’attenzione. Un piccolo adesivo spartano, posto sulla fiancata del furgone lo contraddistingue: una croce e la scritta Caritas diocesana di Montepulciano, Chiusi e Pienza. Sono i volontari che raccolgono nei negozi alimentari ciò che la gente lascia per chi ha più bisogno di mangiare. Un banco alimentare nato spontaneamente nelle prime ore di lockdown nei territori a sud della provincia di Siena.

Nei giorni passati c’era stato l’appello per trovare volontari addetti alla raccolta, al magazzinaggio e alla distribuzione dei beni di prima necessità. “C’è stata una risposta immediata e importante”, spiega Giuliano Faralli che è direttore della Caritas diocesana di Montepulciano, Chiusi e Pienza. Hanno riposto all’appello sia giovani che non avevano mai fatto alcuna esperienza di volontariato, come chi è già impegnato in altre associazioni del terzo settore. Poi l’appello “urgente” per la raccolta delle derrate alimentari, in un volantino: “Ci rivolgiamo ai nostri bar, ristoranti, alberghi, panifici, pizzerie, aziende del settore alimentare, aziende agricole, ai produttori, che, a causa delle restrizioni e delle chiusure obbligatorie, hanno prodotti alimentari prossimi alla scadenza o comunque deteriorabili. In questo difficile momento potete compiere un gesto di altruismo e grande umanità donandoli alla Caritas. Il fabbisogno sta notevolmente crescendo, troppo sono le famiglie che non riescono a mettere in tavola un pasto. Aiutiamoci. Grazie”. Poi il numero di telefono, sempre attivo: 0578757717.  Un altro appello è stato affisso nelle attività di generi alimentari e recita: “Spesa SOSpesa, raccolta di generi alimentari”. Il volantino è un invito a comprare prodotti a lunga conservazione, per l’igiene personale e per la pulizia per la casa, da lasciare in un apposito spazio dedicato, dove verrà ritirato dalla Caritas per essere messo a disposizione delle famiglie e “concittadini” in difficoltà a seguito del Covid-19. Nei tredici comuni della diocesi, che va da San Casciano dei Bagni a parte del territorio di Montalcino, da Guazzino di Sinalunga a Chiusi, comprendente tutta la Valdichiana e parte della Val d’Orcia e dell’Amiata, il numero delle famiglie (in media composte da tre persone) è in costante aumento. Ad oggi si contano 120 famiglie che dipendono completamente dalle derrate alimentari messe a disposizione della Caritas, due volte a settimana, il martedì e il venerdì. Un territorio vasto, a volte difficile da orientarsi per i volontari che non sempre conoscono le strade: “E’ doveroso ringraziare la polizia municipale delle amministrazioni locali che hanno prontamente risposto alla nostra iniziativa, così come i servizi sociali, ché ci supportano nel rintracciare gli stati di bisogno e nella distribuzione”. Non è facile chiamare la Caritas e dire che non si ha di che sfamare la propria famiglia. C’è da prendere atto della situazione, fare i conti con l’orgoglio, cadere nell’illusione del fallimento personale. Invece può essere proprio questo il momento in cui si esce dal tunnel della disperazione. C’è una frase che ricorre, ripetuta da chi compone il numero per chiedere aiuto, ci dice Faralli: “Mi vergogno a chiedere, ma abbiamo fame, aiutateci”.  La dimensione della situazione purtroppo ci viene data solo dalla constatazione che a chiedere aiuto è la gente nostra. Famiglie composte da genitori operai, precari, stagionali, lavoratori a contratto, imprenditori. Gente del posto. In rapporto il numero delle famiglie straniere è basso, perché in qualche modo queste già erano seguite e assistite dai servizi sociali. Il gran numero di famiglie che ricevono il pacco è di italiani, locali. A chiamare è l’artigiano a cui sono rimasti pochi spiccioli per le bollette, che se non paga gli staccano la corrente, con il coniuge convivente operaio di un’azienda che ha chiuso. C’è chi gestisce un agriturismo e gli sono rimasti pochi euro in banca e si trova a dover scegliere tra il fare la spesa, pagare il mutuo, le bollette. Molti sono genitori separati fermi perché lavoratori dell’indotto enogastronomico, stagionali agricoli, rappresentanti del commercio. Uno spaccato drammatico destinato ad aumentare di volume e intensità: “Siamo solo agli inizi”, dice il direttore della Caritas Giuliano Faralli, “Il numero delle famiglie in difficoltà è destinato ad aumentare perché la crisi non si fermerà alla fase uno ma è destinata a continuare. Maggio, giugno, l’estate segneranno solo l’inizio di un periodo molto duro, durante il quale la solidarietà e il sacrificio di chi sta meglio sarà indispensabile”. Per questo la Caritas diocesana sti sta organizzando: “Inizialmente abbiamo noleggiato due furgoni, che sono quelli bianchi che vedete in giro. Abbiamo deciso comunque di acquistarne uno per le nostre attività in previsione del fatto che ne avremo bisogno”. I volontari battono i sentieri del territorio per la raccolta e la distribuzione, facendo esperienze incredibili. Tra questi don Domenico Zafarana, per i poliziani Don, che si è ritrovato in luoghi che non aveva mai avuto modo di visitare prima racconta di una esperienza particolare vissuta in questi giorni: “La parabola del buon pastore toccata con mano. Eravamo in una frazione di Montepulciano per distribuire il pacco a 8 famiglie per un totale di 22 persone”, racconta don Domenico, spiegandoci che i pacchi sono per nuclei familiari che vanno da una persona a sette (la famiglia con più persone). “Arriva la chiamata dal nostro centro, c’è un uomo che ha chiesto aiuto a San Casciano dei Bagni. Vive da solo in campagna. Abbiamo immediatamente deciso di andare, perché la prima volta è importante stabilire un dialogo di fiducia, e fare presto è importante. Abbiamo lasciato stare la distribuzione che stavamo facendo, per concluderla il pomeriggio stesso, per correre a San Casciano dei Bagni. Abbiamo lasciato le pecore del nostro gregge per recuperare la pecora sola tra i rovi. Ho toccato con mano la parola del Signore”. Ma sono tante le esperienze che questi volontari stanno vivendo in questi giorni, al contatto con una fragilità che probabilmente nessuno aveva mai sperimentato. Nemmeno chi ne è portatore in prima persona.

 

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