FIRENZE – L’inchiesta sui presunti concorsi truccati nelle aziende ospedaliere universitarie di Careggi e Meyer subisce una forte battuta d’arresto.
Il giudice per l’udienza preliminare Fabio Gugliotta ha dichiarato il non luogo a procedere per 13 capi di imputazione riguardanti l’abuso d’ufficio, reato ormai cancellato dalla legge. Di conseguenza, 28 persone coinvolte, tra cui dirigenti e medici, sono usciti dal processo o hanno visto alleggerite le proprie posizioni.
Tra gli esclusi dal procedimento figurano nomi noti come Paolo Bechi, Massimo Innocenti, Marco Santucci e l’ex direttore generale del Meyer, Alberto Zanobini, oltre ad altri tra cui l’ex direttore generale Monica Calamai e numerosi professori universitari. L’avvocato Francesco Maresca ha definito questo risultato una vittoria “a tavolino”, esprimendo rammarico per la mancata discussione difensiva che avrebbe potuto dimostrare l’assenza del reato, ormai abrogato.
Assolti, perché “i fatti non sussistono”, anche per l’accusa di turbata libertà dell’incanto, Bechi, Innocenti, Santucci, Donato Nitti, Gabriella Pagavino e Nicola Pimpinelli. L’avvocato Neri Cappugi ha accolto con soddisfazione l’esito favorevole per i suoi assistiti, sottolineando il coinvolgimento di medici e accademici stimati.
Nonostante lo sfoltimento dell’inchiesta, il processo prosegue su altre accuse più gravi. Restano infatti sotto processo per corruzione l’ex rettore Luigi Dei, l’ex prorettore Bechi, il professor Marco Carini e l’ex direttore generale Zanobini. Complessivamente, sono 12 gli imputati ancora a giudizio. La prossima udienza è fissata per il 18 novembre.
Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza, avevano svelato tensioni interne anche nella stessa procura, con accuse di favoritismi verso un professore che hanno portato all’archiviazione e a un esame anche da parte del “tribunale dei magistrati” di Genova.
L’inchiesta era partita dall’attenzione del pm Tommaso Coletta sul Consiglio di dipartimento di chirurgia e medicina traslazionale di Careggi, accusato di aver bandito concorsi con vincitori predestinati, non rispondendo alle reali esigenze sanitarie. Successivamente, le indagini hanno coinvolto anche Meyer, eccellenza nazionale che non sarebbe rimasta immune da un sistema in cui la gestione “privatistica” delle risorse avrebbe prevalso sulla corretta amministrazione pubblica, violando norme e principi di meritocrazia.







