FIRENZE – Il fenomeno della desertificazione commerciale continua a minacciare la vitalità urbana della Toscana.
La situazione attuale è preoccupante: oltre 8.600 negozi risultano sfitti, collocando la regione al quinto posto nella classifica stilata dall’ufficio studi di Confcommercio. Peggio fanno solo Lombardia (9.447 negozi sfitti), Veneto, Piemonte e Campania. In Toscana quasi il 20% degli spazi commerciali disponibili è inutilizzato, una percentuale ben al di sopra della media nazionale del 15,1%.
Gli scenari futuri non promettono nulla di meglio. Le proiezioni al 2035 indicano che, in assenza di politiche di rigenerazione urbana, la densità commerciale – già in calo dal 2012 – potrebbe ridursi ulteriormente tra il 16% e il 27%. Questo decreterebbe per molte località toscane livelli di desertificazione simili a quelli delle città italiane più colpite. Pistoia potrebbe registrare il dato peggiore in regione, con appena 5,6 negozi ogni mille abitanti, rispetto agli 8,7 di Pisa e Massa.
In termini di perdita di imprese, le previsioni mostrano rischi elevati per comuni come Pistoia e Arezzo (-27% entro il 2035), seguiti da Lucca, Livorno e Massa (-25%). Grosseto potrebbe perdere il 23% delle sue attività, mentre Siena, Pisa e Firenze si attestano attorno al 20%. Prato sembra resistere leggermente meglio, ma comunque con una riduzione prevista del 16,6%.
Secondo Franco Marinoni, direttore generale di Confcommercio Toscana, questo declino non è una novità: dal 2012 tutte le città toscane hanno perso attività commerciali, sia nei centri storici sia nelle periferie. I settori più colpiti sono quelli maggiormente esposti alla concorrenza del digitale e delle grandi catene: abbigliamento, calzature, articoli culturali e ricreativi, mobili e ferramenta. Se non si interviene in tempi brevi, entro dieci anni molte città rischiano di perdere un quarto delle attività locali, con conseguenze disastrose per la qualità della vita e la sicurezza dei quartieri.
Aldo Cursano, presidente di Confcommercio Toscana, sottolinea che le imprese commerciali e turistiche della regione – caratterizzate da un modello basato su servizio, relazione e accoglienza – sono oggi schiacciate tra l’aumento dei costi, il ritmo rapido delle innovazioni tecnologiche e margini sempre più ridotti. Il pericolo è che questo modello unico venga soppiantato dalle catene internazionali e dalle piattaforme digitali, le quali sottraggono valore senza restituirlo alle comunità. Per invertire la rotta servono interventi mirati e una consapevolezza collettiva: senza commercio, servizi e imprese locali, le città rischiano di svuotarsi e perdere i propri residenti.
Tra le soluzioni proposte da Confcommercio c’è l’idea di un’Agenda Urbana condivisa tra Regione, Comuni e categorie economiche. Questo piano avrebbe l’obiettivo di pianificare interventi strutturati per la rigenerazione urbana e coordinare l’uso delle risorse disponibili. Inoltre, si suggerisce l’attivazione di patti locali per riaprire i negozi sfitti, incentivare la creazione di nuove attività commerciali di vicinato, migliorare la logistica urbana e promuovere iniziative di animazione nei centri storici. È altresì fondamentale potenziare il welfare territoriale per incentivare i consumi nei negozi di quartiere.
In vista delle festività natalizie, Confcommercio Toscana rivolge un appello ai consumatori a fare scelte più consapevoli nello shopping. Sostenere un negozio sotto casa significa contribuire alla vivacità dei quartieri, alla sicurezza urbana, all’occupazione locale e a un modello economico che valorizza relazione e qualità. Tra i regali di questo Natale si potrebbe includere anche un gesto concreto di responsabilità verso le nostre comunità: scegliere i negozi del proprio quartiere è un investimento sul futuro delle nostre città.







