IMG_8914Emettevano biglietti per il trasporto extraurbano falsi per “arrotondare” lo stipendio arrivando a intascare fino a 800-900 euro al giorno. Con l’accusa di peculato continuato in concorso in danno dell’azienda di trasporto pubblico “Tiemme Spa”, sei dipendenti, tutte donne italiane di età compresa tra i 35 e i 40 anni residenti a Siena e provincia, sono state poste agli arresti domiciliari a seguito delle indagini dirette da Giuseppe Grosso e coordinate dal Procuratore Capo Salvatore Filippo Vitello della Procura di Siena, e condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Siena.

IMG_8916Ogni giorno 800-900 euro in tasca Le indagini, partite nel dicembre scorso su segnalazione dell’azienda dei trasporti che aveva notato una differenza tra il numero di biglietti venduti e l’affluenza sugli autobus, hanno permesso di scoprire la truffa anche grazie all’utilizzo di intercettazioni video e ambientali. Le sei dipendenti stampavano i biglietti falsi che chiamavano“munizioni”, usando la stampante dell’azienda che per l’occasione veniva scollegata dalla rete per non lasciare tracce e inserendo biglietti “bianchi” su cui veniva stampato un numero duplicato rispetto ad altri già venduti regolarmente. Ogni giorno le sei truffatrici riuscivano a intascare 800-900 euro vendendo biglietti falsi, per un danno a carico dell’azienda stimato intorno a oltre 300mila euro da dicembre ad aprile. I biglietti falsi venduti giornalmente costituivano il 60-70% di quelli totali venduti e quelli più contraffatti erano quelli delle tratte Siena-Firenze, San Gimignano e Grosseto.

Il Procuratore Capo: «C’è un problema di legalità» Nel corso delle perquisizioni personali e domiciliari, sono state sequestrate oltre 500 biglietti di trasporto duplicati e non contabilizzati, e 19mila euro in contanti, ritenuti parte del profitto dell’illecito. «Tutte persone normali, senza problemi economici che integravano lo stipendio in modo sostanzioso – ha detto il Procuratore Capo Vitello in riferimento alle donne arrestate  –. Una vicenda che dà una certa preoccupazione ed è lecito domandarsi se bisogna fare qualcosa in più perché la cultura della legalità abbia maggiore diffusione» ha concluso.

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