Dieci ettari al giorno in Lombardia, otto in Emilia, uno in Friuli Venezia Giulia. 250mila ettari in dieci anni, almeno 70 al giorno, 25mila ettari all’anno. In pratica una superficie di suolo pari alla metà di quella del Parco dell’Abruzzo rischia di essere consumata ogni anno nel nostro Paese. Il Conaf, Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali, in preparazione del XIII congresso in programma a settembre (dal 22 al 25) in Emilia Romagna, si è dato appuntamento alla Camera di Commercio di Ferrara per affrontare in un workshop preparatorio il tema, sempre più centrale anche per il mondo delle professioni, del governo del territorio.

L’erosione in Italia – “L’Italia non ha avuto negli ultimi cinquant’anni coerenti politiche di tutela ambientali e di protezione del suolo – ha detto Andrea Sisti (nella foto), presidente Conaf –. Per questo è indispensabile passare dalla gestione dell’emergenza alla prevenzione. Dal suolo otteniamo beni sociali e servizi come cibo, fruizione e benessere ma anche controllo idrogeologico. Se partiamo dal concetto che il suolo è un bene comune è inevitabile che se ne debba governare l’uso, considerando in modo equilibrato gli interessi collettivi e privati. Ecco perché l’economia agraria e l’estimo devono riprendere un ruolo centrale nelle valutazioni delle trasformazioni e nelle scelte di governo. Tutto questo introduce la necessità di nuove valutazioni e nuovi progetti in tema di trasformazioni, valenze ambientali, multifunzionalità in agricoltura. Gli agronomi e i forestali italiani sono pronti a fare la loro parte coordinandosi con tanti altri soggetti e costruendo una posizione politica di categoria e di professione. Occorre gestire il futuro del paesaggio, ridare identità ai territori e riconsiderare il rapporto tra prodotto e paesaggio. Per fare questo serve la modifica della direttiva sulla protezione del suolo in modo tale che risponda a principi più adeguati. Cosa vogliamo oltre il 2013 e la riforma della PAC? Una politica attiva che costruisca un’identità partendo proprio dai territori e non sia imposta da Bruxelles. L’Italia proponga il suo modello e lo faccia finanziarie”.


La discussione – Al centro del workshop, aperto da Gloria Minarelli, presidente dell’Ordine di Ferrara e da Claudio Piva, Presidente della Federazione Regionale Emilia Romagna, la corretta gestione del territorio. “Ferrara con le sue bonifiche – ha ricordato Gloria Minarelli – è un esempio di governo del territorio, con gli agronomi che hanno avuto un ruolo principale come tecnici e professionisti. Per questo sono necessarie nuove valutazioni e nuovi progetti in merito alla qualità delle trasformazioni, in relazione alla presenza di valenze ambientali, multifunzionali della ruralità e in relazione anche a quegli spazi connettivi che tanto possono contribuire a migliorare la vivibilità del contesto urbano e periurbano.“L’Emilia Romagna è stata scelta come sede del prossimo congresso nazionale del Conaf – ha detto Piva – con la Via Emilia come filo conduttore di una serie di casi che hanno un rilievo nazionale. Il congresso sarà l’occasione per allargare i nostri orizzonti ad altri settori della società consapevoli di poter portare un contributo importante ai diversi aspetti”.


Come risolvere il problema erosione – Stefano Pareglio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha ricordato come prima di tutto occorra conoscere il fenomeno a fronte di un dibattito ideologizzato ma ancora con poca informazione e come sia opportuno agire con urgenza poiché il bene pubblico è ormai scarso. “E’ insufficiente intervenire quando i disastri sono già accaduti – ha ricordato Fabio Palmeri, Consigliere nazionale Conaf del dipartimento protezione civile e sicurezza sul lavoro – , bisogna prevenire. Investire in gestione del territorio in piccole dosi ogni anno è estremamente vantaggioso rispetto ad intervenire a fatto accaduto quando i danni sono molto più consistenti”. Ricordando poi l’esempio del Trentino Alto Adige che dal 1976 ad oggi ha investito una media di 15 milioni di euro all’anno per prevenire il rischio idraulico. “Per passare dalla fase di gestione a quella di prevenzione è necessario considerare i servizi eco sistemici. – ha detto Palmeri. – Non è più possibile parlare solo di acqua se non parliamo del paese che ce la fornisce. Tutti temi su cui l’agronomo può dare un grande contributo in termini di professionalità ad alto valore aggiunto”. Sull’aiuto che i materiali compostabili certificati e compost possono dare alla tutela del suolo si è soffermato Werner Zanardi del Consorzio Italiano Compostatori. Del resto, come ha ricordato Francesco Marangon del dipartimento di scienze economiche dell’Università di Udine, il paesaggio ha un valore, è motore turistico e ricreativo, genera ingenti flussi economici per la comunità rurale, ma per la sua conservazione si erogano contributi limitati. E quindi risulta difficile far politica di mantenimento del paesaggio senza educare al paesaggio stesso.


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