euroleagueCi siamo. È il momento più alto della pallacanestro continentale. Quello che abbraccia la passione di chi vive il basket e dei molti addetti ai lavori come una fobia. L’Eurolega insegna. Da sempre. O almeno da quando esiste questa formula in cui alla fine arrivano le squadre che hanno speso di più e che sono state costruite ad immagine e somiglianza di un progetto tecnico profondo, strutturato, sapientemente adattato ai ruoli ed alle caratteristiche da parte dei quattro coaches. Già, è sicuramente importante parlare di chi deve fare canestro attirando gli applausi, ma dobbiamo anche pensare che arrivare qui con un fardello di 60-70 partite per squadra (tra Eurolega e l’impegno dei rispettivi campionati, comunque sempre competitivi) presuppone di avere una base solida e ben consolidata. Per questo, cercheremo di capire come Messina, Blatt, Laso e Pascual hanno fatto giocare le loro squadre, confrontando sistemi e culture cestistiche. Con le dovute contaminazioni però, perché questo gioco è sempre in continua evoluzione.

 Cska-Maccabi, la regina dell’extra-pass contro la doppia faccia della medaglia

big sofoMESSINA1David Blatt è concosciuto da tutti come un discepolo del Princeton Offense, attacco della nota università americana dove si è formato, costruito su principi di back door e tagli verso il canestro. Questi concetti, ancora molto riconoscibili dentro il suo playbook, hanno subito adattamenti da parte del coach americano, per accogliere due giocatori dal basso profilo tecnico dentro ad un gruppo di esterni esperto e “con le mani buone”: Alex Tyus e Big Sofo, lo ying e lo yang della tipologia del lungo. Il primo, un atleta vero, gioca sempre sopra al ferro, facendo “dell’above the rim” l’unica possibilità di stare in piedi su questo palcoscenico, pur essendo coinvolgibile in ogni situazione offensiva e difensiva in cui serva saltare o muovere i piedi rapidamente. L’altro, una montagna, sfrutta la sua mole e il suo ingombro. Il tutto dentro ad un basket atipico, fatto di transizioni e tiro da tre punti da “tollerare”, in un sistema offensivo e difensivo diverso per richiamare raddoppi ed aiuti difensivi necessari per creare tiri da tre punti. La chiave per coach Blatt sarà mettere in partita Big Sofo e non pagarlo difensivamente contro i lunghi atipici del Cska. Proprio così, contro gli israeliano ci sarà la creazione di Ettore Messina. Una squadra che vive di passaggi – come da sempre nella filosofia del coach italiano – e mette giocatori di talento non cristallino in grado di segnare con metri di vantaggio. Ciò è dovuto a concetti di gioco che contemplano giocatori completi, atipici, adatti al basket moderno, capaci di giocare “a sportellate” vicino al canestro e al tempo stesso prendere un tiro da tre punti. Il timbro di garanzia dell’armata russa è solo uno: la circolazione di palla e l’uso spasmodico dell’extra-pass.

 

Real Madrid-Barcellona, il Bello, il Brutto e il Cattivo sfidano Re JcN e la squadra del playmaker solo

Sergio-Rodríguez-y-Rudy-FernándezNAVARRONell’altra semifinale c’è la squadra che ha di più per continuità, forza, completezza e bel basket. Il Real Madrid unisce il talento di Rudy Fernandez, osservato speciale dalle difese avversarie, alla sagacia tattica di Rodriguez, alla faccia tosta di Sergio Llull. Un trio magico, il Bello, il Brutto e il Cattivo della pallacanestro continentale. I giochi offensivi prevedono in ogni caso di coinvolgerli e di costringere le difese a continui adattamenti sulle uscite dai blocchi, e sulla capacità di “rubare” un buon tiro in ogni occasione. Se li difendi, ti puniscono con passaggi facili ai lunghi, pronti a mangiare gli avanzi di un basket frizzante, fisico, cinico in ogni momento. Alle Merengues si opporrà il Barcellona, in un Clasìco forse mai così importante e atteso. Spaziature, uso frequente del pick-and-roll per costruire i triangoli offensivi, la giusta fusione tra lunghi tecnici (Tomic e Lampe) ed esplosivi (Dorsey). Queste le caratteristiche base dei blaugrana di Pascual. In più c’è il talento sconfinato del nativo di San Feliu de Llobregat, al secolo Juan Carlos Navarro. Re JcN  inventa canestri, inventa nuovi modi di tirare e fa sembrare tutto molto semplice. Ma non alla fine di un allenamento, bensì a 10” dalla fine di una semifinale di Eurolega sul 85-85. Dentro a tutto questo, forse, con riflettori più flebili puntati addosso c’è un giocatore ulteriormente chiave: Marcelinho Huertas che dovrà fare pentole e coperchi per stare in campo molti minuti e predicare il basket che ho appena descritto. È lui la mente ma anche l’anima del basket balugrana. La mente al di sopra dei talenti sconfinati: dalla sua lucidità passano tutte le chance di assolo catalano alla Scala del basket milanese.

Articolo precedenteDa Fibonacci a Galileo. I monumenti di Firenze si raccontano nella “Passeggiata matematica”
Articolo successivoDesolazione