La Fondazione Mps vuole vendere le proprie quote nel Monte dei Paschi di Siena, di cui è maggiore azionista col 33,5%, ma non sarà una partita facile considerato che la conferitaria a breve sarà alle prese con un maxi-aumento di capitale da 2,5 miliardi. E all'interno dell'ente presieduto da Antonella Mansi lo sanno bene. Fonti interpellate dall'ANSA hanno confermato infatti che si sta lavorando e si stanno valutando tutte le opzioni ma la vendita di un pacchetto azionario è ancora lontana. Una posizione di facile comprensione visto che un potenziale acquirente, laddove ci fosse, si ritroverebbe tra pochi mesi a dover rimettere mano al portafoglio per sottoscrivere pro-quota la ricapitalizzazione prevista dal salvataggio concordato con la Commissione europea. Sarebbe come pagare due volte la stessa quota.
 
Nell’interesse dell’ente Le stesse fonti hanno precisato inoltre che tutto ciò che viene fatto in questi giorni, anche gli incontri della presidente al Ministero dell'Economia come avvenuto ieri, è fatto «nell'interesse dell'ente, per il quale si lavora nella massima trasparenza».
 
Tra il volere e il fare Quanto al mandato affidato al super consulente Lazard è stato spiegato che non è in funzione alla dismissione delle quote ma per attività di advisoring sul bilancio dell'ente. Insomma, tirando le somme si può sintetizzare dicendo che la volontà di piazzare le quote del Monte c'è ma è di difficile realizzazione. Per la Fondazione, esposta verso le banche creditrici per 350 milioni di euro, la cessione delle azioni della banca sarebbe l'unica fonte di salvezza per chiudere il debito.
 
Il rischio nazionalizzazione Inoltre, il recupero in Borsa del titolo – dov' è tornato a quotare ben sopra la soglia dei 20 centesimi (oggi in Borsa -0,17% a 0,24 euro) -, ha permesso la rivalutazione dell'intera partecipazione intorno al miliardo di euro. Strettamente collegato a questo aspetto c'è il tema del prezzo di carico delle azioni. La Fondazione ha tutto l'interesse di vendere prima dell'aumento di capitale che con ogni probabilità deprezzerà il valore del titolo a Piazza Affari. In base all'accordo sottoscritto, infatti, le banche creditrici potranno appropriarsi delle azioni in garanzia qualora il debito dovesse superare il 70% del valore di mercato della quota Mps della Fondazione. Ai prezzi attuali l'ente risulta blindato, ma con un eventuale deprezzamento del titolo l'asticella potrebbe portarsi oltre il limite e costringere le banche a diventare nuovi azionisti del Monte. Il tutto con lo spettro della nazionalizzazione che pende come una spada di Damocle sulla testa di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola.
 
Valentini e Bezzini incontrano Saccomanni E dopo la presidente della Fondazione Mps, oggi è stata la volta del sindaco di Siena Bruno Valentini e del presidente della Provincia Simone Bezzini, incontrare il Ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. «Il Governo consideri il futuro di Mps come una grande questione nazionale – ha detto il sindaco Valentini dopo l’incontro -. Un incontro reso possibile grazie all'intercessione del premier Enrico Letta in cui abbiamo rappresentato l'esigenza di coinvolgere il Governo perchè segua la vicenda della Banca e soprattutto, per quel che ci riguarda, della Fondazione. Bisogna evitare di avere procedure di infrazione dalla Ue ma anche fare in modo che la Banca abbia una propria ripartenza, una adeguata ricapitalizzazione, che non paghi interessi esosi sui Monti Bond e che ci sia un assetto definitivo per la Fondazione che oggi barcolla a causa di un indebitamento scellerato fatto per sostenere l'aumento di capitale».
 
Sindaco contrario all’uscita completa dalla banca In merito alla possibile vendita di parte delle azioni di Mps detenute dalla Fondazione, Valentini sottolinea di non avere «informazioni dirette». Però non si dice  favorevole a una completa uscita di Palazzo Sansedoni dal Monte: «Auspico – ha detto – che rimanga una quota azionaria della Fondazione, affinchè mantenga un posto in CdA». Valentini ha anche chiesto al Governo di avere un ruolo di garante rispetto ai possibili investitori futuri, che, per il sindaco, saranno, presumibilmente, anche stranieri. L'esecutivo, spiega il sindaco, dovrà operare per garantire che «siano affidabili, e su questo abbiamo chiesto un ruolo a governo e Banca d'Italia».

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