FIRENZE – “Anche la Banca d’Italia rileva quello che noi andiamo dicendo da anni: i salari italiani sono troppo bassi. Se è vero che tra il 2019 e il 2024 in Italia l’occupazione è cresciuta di circa 700 mila unità, gli stipendi non crescono, anzi restano tra i più bassi d’Europa, e la polarizzazione tra pochi lavori altamente qualificati e una moltitudine di contratti precari e sottopagati rischia di diventare strutturale”.
A rilanciare la linea, in vista delle elezioni regionali del 12 e 13 ottobre Irene Galletti, coordinatrice regionale del Movimento 5 Stelle e capolista nella circoscrizione di Pisa.
“Nonostante l’aumento degli occupati, dovuto soprattutto allo sblocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione e all’ingresso massiccio degli over 55 nel mercato del lavoro – spiega Galletti – in Italia un lavoratore su dieci è in condizioni di povertà lavorativa. Senza contare che viene considerato “occupato” anche chi ha fatto una sola settimana di lavoro in un anno: da questo punto di vista i dati possono trarre in inganno. In Toscana, in particolare, sono 57mila le famiglie che vivono sotto la soglia di povertà assoluta. Questo significa che, di fronte all’inflazione e al carovita, sempre più famiglie fanno fatica a sostenere spese essenziali, e anche in Toscana il disagio sociale cresce in silenzio”.
“A questa fragilità strutturale – aggiunge – il Governo Meloni ha risposto smantellando il Reddito di cittadinanza e opponendosi al salario minimo regionale, privando cittadini e territori di due strumenti fondamentali per arginare disuguaglianze e povertà. È una scelta irresponsabile, che scarica sugli enti locali il peso dell’emergenza sociale senza fornire risorse né tutele adeguate”.
“Il Movimento 5 Stelle porta avanti da anni una battaglia coerente su questi due fronti: garantire un salario minimo legale e difendere il diritto a un sostegno universale contro la povertà. Le prossime elezioni regionali – conclude Galletti – sono l’occasione per portare finalmente in maggioranza e al governo della Toscana questi temi. Non possiamo continuare a contare soltanto i posti di lavoro: dobbiamo misurarne la qualità, restituire dignità ai lavoratori e costruire politiche che assicurino un futuro stabile e giusto per tutti”.