I familiari di Meredith Kercher saranno a Firenze il giorno della sentenza dell'appello bis per l'omicidio di Meredith. Lo ha confermato uno dei loro legali, l'avvocato Francesco Maresca, entrando in palazzo di giustizia. In aula parola ai legali dei Kercher: oltre a Maresca, gli avvocati Vieri Fabiani e Serena Perna. «Non abbiamo dubbi sulla colpevolezza degli imputati – ha detto Maresca – Ci sono tanti elementi per confermare la sentenza di condanna». Maresca ha poi detto che a fine udienza la Corte stilera' il calendario del processo, suggerendo una data indicativa per la sentenza: domani dovrebbero iniziare le arringhe delle difese.
 
In aula Il primo a intervenire durante l’udienza è stato l’avvocato Fabiani: «Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Rudy Guede erano in preda all'eccitazione e questo scatenò la furia omicida», anche perché, per le droghe e l'alcol, le loro menti erano «prive di freni inibitori», ha il legale della famiglia Kercher. «Gli imputati sono persone ad altissima capacità criminale – ha continuato -. Dopo l'omicidio subentra la paura e il terrore, si arriva a simulare furti, ad accusare Lumumba, a mistificare, per scacciare dalla propria mente il crimine commesso». L'avvocato ha spiegato che, in ogni caso, dimostrata la presenza dei due imputati nel luogo del delitto e la loro volontà omicida: «la carenza del movente diventa irrilevante».
 
Parola ancora a Maresca Per la famiglia Kercher gli «inviti a raccogliere offerte in memoria di Meredith» fatti da Amanda Knox sul proprio sito sono una «contraddizione insopportabile». Maresca ha invitato i giudici a dimenticare, fra l'altro, le dichiarazioni rese in aula da Raffaele Sollecito, «di ritorno da una vacanza a Santo Domingo, dove poi è tornato, mentre noi siamo qua, a discutere del processo in cui è imputato». Vanno dimenticate anche le dichiarazioni di Amanda, «che critica la giustizia italiana, che ha firmato contratti milionari, in dollari, per il suo libro, che ha un consulente per le pubbliche relazioni». Il “j’accuse” di Maresca si rivolge anche a quei giornalisti che si ispirano «alla libertà di delirio e non di stampa».

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